Tattica, sacrificio e gestione dell’emergenza: un pareggio tra paura e gestione. E ora Bernabé deve dare una risposta mentale

È difficile analizzare la partita tra Genoa e Parma senza constatare una generale mancanza di emozioni, un tratto che sembra accomunare molte gare di questa Serie A. Come già visto in incontri come Pisa-Verona, anche in questa occasione la paura di perdere ha prevalso sul coraggio di vincere. Ne è risultato uno spettacolo poco coinvolgente per gli spettatori, vittime di un calcio sempre più prudente, dove il timore di sbagliare spesso soffoca l’audacia.
Nel momento in cui il Parma è rimasto in inferiorità numerica per l’espulsione di Ndiaye, il Genoa ha provato ad alzare il ritmo. Tuttavia, i rossoblù non sono riusciti a trovare la via del gol, grazie soprattutto alla grande prova del portiere giapponese Suzuki. L’estremo difensoregialloblu si è distinto con interventi decisivi, salvando più volte il risultato e ipnotizzando Cornet sul calcio di rigore. Le sue parate hanno avuto un peso specifico paragonabile a quello di una rete: decisive, spettacolari, e soprattutto determinanti per portare a casa un punto che, nelle condizioni date, vale quanto una vittoria.
Sul fronte Parma, l’episodio chiave è stato il cambio di Bernabé dopo l’espulsione di Ndiaye. Una sostituzione obbligata non per cause fisiche, ma per una scelta tecnica e tattica precisa dell’allenatore Cuesta. In momenti così delicati della gara, il tecnico deve agire con rapidità, cercando di riequilibrare subito la squadra per affrontare l’inferiorità numerica. La scelta di togliere Bernabé va letta solo in quest’ottica, senza scatenare inutili polemiche. Probabilmente, Cuesta ha ritenuto che lo spagnolo non fosse nella condizione migliore per garantire l’equilibrio necessario in quel frangente.
Bernabé sta attraversando un momento difficile: non riesce a esprimersi come vorrebbe, né a soddisfare le aspettative dell’allenatore, della squadra, del club e dei tifosi. Ora serve una risposta mentale da parte sua. Dovrà essere bravo a non vivere questa sostituzione come una punizione, ma come un segnale da cogliere per ripartire. Solo così potrà ritrovare quella condizione, prima psicologica e poi fisica, che gli permetta di tornare a esprimere il suo potenziale. Il talento non si discute, ma è il momento di reagire con maturità, perché le difficoltà fanno parte del percorso e solo chi le affronta può tornare protagonista.
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