La mancanza di esperienza in Serie A è solo un alibi. Lo stesso Cuesta non l'ha mai tirato in causa. Serve più malizia per questa lotta salvezza

18.12.2025 00:00 di  Edoardo Mammoli   vedi letture
La mancanza di esperienza in Serie A è solo un alibi. Lo stesso Cuesta non l'ha mai tirato in causa. Serve più malizia per questa lotta salvezza

Non è successo solamente una volta in questa stagione che le partite del Parma siano state condizionate da errori individuali: la gara in trasferta contro il Genoa o l’ultima in casa contro la Lazio sono solo due esempi di una serie di sfortunati eventi che hanno influenzato in maniera negativa la formazione crociata. Per giustificare questi errori si è spesso tirato in ballo la poca abitudine di molti giocatori gialloblu al calcio italiano. In effetti la dirigenza crociata ha puntato su una serie di calciatori dalle ottime prospettive ma con poca o nessuna esperienza in Serie A. Inevitabile dunque che sia necessario un periodo di adattamento al nostro calcio, ma forse questa spiegazione è fin troppo semplicistica.

Anzi io trovo che imputare questi errori alla mancata esperienza del calcio italiano sia solo uno specchietto per le allodole, un comodo alibi per addossare le colpe a dei giocatori che effettivamente non hanno esperienza in Serie A, ma non potrebbe essere altrimenti. Anche perché l’ultimo di questi errori è arrivato da un giocatore che di esperienza ormai ne ha accumulata: mi sto riferendo a Lautaro Valenti, che si è lasciato superare da Noslin al momento decisivo e tutta la squadra ne ha pagato le conseguenze. Lungi da me addossare l’intero onere della sconfitta sulle spalle del difensore argentino: non è stata solo colpa sua se il Parma non è riuscito a centrare la vittoria contro una Lazio in doppia inferiorità numerica, ma è indubbio che l’episodio del gol di Noslin è stato determinante ai fini del risultato.

LEGGI QUI: PODCAST PL - Gli errori individuali costano ancora cari. Adesso il reset per chiudere in bellezza

Lo stesso allenatore non ha mai tirato in causa questo fattore. In nessuna conferenza mister Carlos Cuesta ha parlato di mancanza di abitudine al calcio italiano, concentrandosi sempre su quello che la squadra avrebbe potuto fare e sugli aspetti su cui avrebbe dovuto lavorare in seguito. Un atteggiamento molto maturo quello del tecnico maiorchino, che non si è mai lasciato andare ad alibi come quello di cui stiamo parlando approfonditamente, ma spostando sempre l’attenzione verso ciò che la squadra può fare in prima persona, per migliorarsi e arrivare al risultato. Lui stesso ha ammesso come sia tutto parte di un percorso, all’interno del quale anche lui sta imparando e crescendo a sua volta assieme ai suoi giocatori. Un atteggiamento encomiabile, che a mio avviso dice molto sulla persona che siede sulla panchina crociata.

Dunque cosa manca al Parma? Secondo me non si tratta più di abitudine al calcio italiano, quanto piuttosto di malizia. Nel senso buono del termine, ovviamente: ci sono dei momenti della partita nei quali si deve tirare fuori un po’ di furbizia, che nel calcio è sempre esistita e sempre ci sarà, inutile nascondersi dietro a un dito. E spesso i crociati hanno peccato proprio da questo punto di vista: ci sono momenti nei quali si deve badare al sodo e spendere qualche fallo, anche qualche cartellino se necessario. È anche una questione di lucidità: capire i momenti della partita e agire in tal senso, anche in maniera drastica. E in questi casi non c’entra niente essere abituati o meno al calcio italiano: il calcio ha regole non scritte ovunque lo si giochi e questo deve entrare bene in testa a tutti quanti. Questa squadra ha molte potenzialità, ma deve ancora imparare a “smaliziarsi”: perché per arrivare alla salvezza si passerà attraverso una lotta senza esclusione di colpi.

LEGGI QUI: Siani: "Sono sconcertato dal Parma, è una squadra che sta un po' mortificando i propri giocatori"