PL - Giorgino: "Cuesta e i giovani hanno bisogno di tempo. Bernabé? È chiamato ad essere un leader"

Dopo la vittoria contro il Torino, il Parma non riesce a dare continuità al proprio cammino in campionato: al Tardini passa il Lecce con una rete di Sottil, lasciando ai crociati l’amaro della sconfitta casalinga. Per analizzare il momento della squadra di Cuesta, Davide Giorgino, doppio ex di ruolo centrocampista, è intervenuto in esclusiva ai microfoni di ParmaLive.com. Tra i discorsi sulla fiducia nel progetto tecnico, sulla necessità di tempo per i più giovani e sul ruolo dell’esperienza nello spogliatoio, riportiamo di seguito le sue parole:
Un brutto Parma perde in casa contro il Lecce. Cosa è mancato ai crociati?
"Ho visto la partita e, secondo me, il Parma ha affrontato un avversario che, come lui, in queste giornate iniziali, ha raccolto meno di quello che aveva prodotto. La classifica non lo dice, ma il Lecce è una squadra con qualità, nonostante l’età media molto giovane, e con un allenatore capace, che negli ultimi anni magari non è stato fortunato. Magari, la classifica stessa a qualcuno poteva far pensare di trovarsi davanti un avversario non di valore, ma non è così. Conosco benissimo l’ambiente e anche i direttori: Corvino era il mio direttore quando ero al Lecce e parliamo di uno dei migliori talent scout in circolazione in Italia. Ogni anno costruisce, vende e ricostruisce una squadra piena di talento, che riesce sempre a produrre e sfornare giocatori importanti per la Serie A".
Un’altra sconfitta contro una diretta concorrente, quali possono essere le motivazioni?
"Fondamentalmente, la partita è stata decisa da un episodio: il cross di Sottil, velenoso, che è passato tra le gambe di diversi giocatori e ha sorpreso Suzuki, che non è riuscito a calcolare bene la traiettoria. Non c’è stato un dominio vero del Lecce, né rimpianti enormi per il Parma. I crociati hanno anche avuto l’occasione di pareggiarla nel finale, ma lì è stato bravo Falcone a tenere in piedi il Lecce. Va detto che il Parma ha fatto andare via giocatori importanti e ha inserito tanti giovani che devono ancora conoscere bene la categoria, ma, sicuramente, gli addetti ai lavori sanno che possono fare qualcosa di importante. Sono ragazzi di prospettiva, e bisogna avere pazienza sia con loro sia con lo staff tecnico, sostenendoli per arrivare all’ennesima salvezza in Serie A. Non dimentichiamoci, infatti, il percorso di crescita che hanno avuto giocatori come Bonny, Sohm, che quest'estate sono stati venduti a Inter e Fiorentina".
Durante l’annata in Lega Pro, anche il suo Parma ha affrontato momenti delicati. Quanto fu importante avere nello spogliatoio figure come Calaiò e Di Cesare, oltre a Lucarelli, e quanto queste figure posson far la differenza?
"L’esperienza è sempre fondamentale all’interno di uno spogliatoio. Avere giocatori che hanno già vissuto certe situazioni aiuta, perché sanno come comportarsi, possono dare i consigli giusti ai più giovani e indicare la strada da seguire. In quell’annata in Lega Pro, la presenza di calciatori esperti e la predisposizione del gruppo a restare unito, fortificarsi ed esaltarsi nelle difficoltà furono le armi vincenti. Siamo riusciti a superare quel periodo complicato sostenendoci l’un l’altro e alla fine ci siamo tolti belle soddisfazioni".
Vista la poca esperienza in pachina, data dalla scelta dell’esordiente Cuesta, come valuta questo avvio e quanto è importante la fiducia ribadita più volte dal club?
"Che il club abbia dato la fiducia a Cuesta è un'idea che condivido. In Italia sono passati gli allenatori che hanno vinto Champions League e Mondiale per Club, eppur son durati giusto pochi mesi: Maresca a Parma e Luis Enrique a Roma. Nel nostro paese, troppo spesso si parla di “progetto”, ma poi dopo due mesi tutto viene messo in discussione. Se una società, un direttore sportivo o un presidente crede davvero in un’idea, deve darle tempo di svilupparsi. Se uno crede nella filosofia del club, come il fatto di mettersi in gioco in un'esperienza, sarebbe importante sostenerla il più possibile. Parma sta investendo su giocatori giovani e di prospettiva, e questo richiede pazienza. Magari i risultati immediati non arrivano, ma nel tempo emergeranno il lavoro dell’allenatore e la crescita dei singoli. Riprendendo il discorso di prima, anche Bonny e Sohm sono stati criticati in passato, ma, ad oggi, sono giocatori considerati importanti da tot club italiani. Dunque, sono d’accordo con la società nel lasciare lavorare l’allenatore e aspettare, perché solo così si possono valutare davvero le capacità di un tecnico".
Il Parma sta trovando difficoltà in fase offensiva, c'è bisogno di nuove soluzioni o si deve insistere sullo schieramento adottato finora?
"Sicuramente il mister cercherà soluzioni nuove, anche perché sabato si è fatto male Valeri, che è un giocatore molto importante per lo scacchiere tattico del Parma. Alcuni nuovi arrivati devono ancora ambientarsi e far vedere ai tifosi e alla piazza il proprio valore. La sosta arriva al momento giusto per consentire all’allenatore di trovare la squadra, o meglio, il “vestito” giusto per questa rosa".
Tra i giocatori che devono ancora esprimersi al meglio c'è Sorensen, che finora non ha rispettato le aspettative. Quanto può esser difficile il calcio italiano per un ragazzo che arriva dall’estero?
"Abbiamo avuto in passato tanti esempi clatanti di campioni che all’inizio hanno faticato: lo stesso Zidane alla Juventus venne criticato per mesi perché non riusciva ad esprimersi. Ognuno ha i propri tempi, il proprio carattere e il proprio approccio. Il calcio italiano è particolare, la stampa e l’ambiente non concedono molto. Ecco perché ribadisco l’importanza della fiducia all'allenatore e alla squadra: troppo spesso si giudica un giocatore dopo una sola prestazione, sia facilmente criticato che subito esaltato. Chi arriva dall’estero ha bisogno di tempo per capire le richieste dell’allenatore, conoscere i compagni, adattarsi alla cultura e a un campionato diverso come quello italiano, molto più tattico. Capire tutte queste dinamiche non è semplice: se in alcuni campionati esteri trovi molta più libertà, qua hai bisogno di essere attento per novanta minuti con una gestione della partita completamente differente".
Qualche critica è arrivata a Bernabé. Lo spagnolo deve fare di più per diventare leader di questa squadra?
"Senza ombra di dubbio, per me, Bernabé è un giocatore fortissimo: è il mio preferito da anni a Parma. Anche lui ha avuto putroppo diversi infortuni che ne hanno rallentato la crescita. Di certo, quest'anno, a differenza degli altri anni, ci si aspetta un miglioramento dal punto di vista della leadership. Quest'ultima alcuni la collegano solo al campo, ai passaggi o alla personalità nel farsi dare la palla, ma sotto a quel punto di vista penso lui non abbia da invidiare niente a nessuno, ma anche a squadre che lottano per vincere il campionato. Anzi, devo dirti che io lo vedrei benissimo in determinate squadre a gestire il possesso di palla, perché ha una qualità, secondo me, molto elevata. Mentre dal punto di vista della leadership caratteriale deve fare quello step, perché quest'anno è chiamato ad essere il vero leader del Parma e ad indicare la via ai propri compagni".
A bocce ferme, guardando la rosa del Parma, questo organico ha le carte in regola per una salvezza tranquilla?
"Tranquilla non lo so, perché, come dicevamo prima, bisogna vedere da qui a due mesi quanto saranno cresciuti i giocatori arrivati e quanto avranno mostrato la loro crescita individuale e come squadra. Naturalmente, chi prende tanti giovani sa che c'è un piccolo rischio da correre. Spero che questo rischio diminuisca nei prossimi mesi e che le vere qualità dei ragazzi appena arrivati riescano a venire fuori".
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