Krause taglia i ponti con il passato: l'addio di Lucarelli è l'ultimo per lasciare spazio al nuovo Parma

Nel calcio moderno, dove logiche aziendali e visioni manageriali spesso prendono il sopravvento su cuore e memoria, la notizia - seppur non ancora ufficiale - dell’addio di Alessandro Lucarelli al Parma suona come la fine di un’epoca. Un epilogo silenzioso, quasi sussurrato, ma capace di scuotere profondamente le coscienze di un’intera tifoseria. Lucarelli non è stato soltanto un calciatore o un dirigente. È stato il volto della rinascita, il simbolo di una fede che ha resistito a fallimenti, retrocessioni e ricostruzioni. Quando nel 2015 il Parma sprofondò nell’inferno della Serie D, lui restò. Senza clausole, senza dubbi. Con la crociata tatuata sul petto e nel cuore. E non solo ha resistito: ha guidato, ha trascinato, ha riportato i gialloblu in Serie A in quattro stagioni da leggenda.
Da lì, la seconda vita nel club, quella dietro la scrivania. Ma anche in quel ruolo, nel tempo, qualcosa si è spezzato. Prima vice direttore sportivo con Carli, poi progressivamente relegato a incarichi sempre più marginali fino al recente ruolo nell’Area Prestiti. Una parabola discendente non tanto nei meriti, quanto nella considerazione all'interno dell'organigramma. Kyle Krause, il patron americano, ha una visione chiara: il Parma va ricostruito con criteri moderni, professionalizzati, affidandosi a figure di fiducia, spesso provenienti da contesti internazionali e affini al suo modo di intendere il calcio come impresa. Una scelta legittima, certamente, ma che porta con sé anche il peso delle emozioni che lascia indietro. E Lucarelli, per Parma, è emozione pura.
Il distacco ha colto di sorpresa molti tifosi, che sui social non hanno risparmiato critiche alla proprietà. “Avete cancellato l’ultima storia romantica del calcio italiano con un colpo di spugna”, scrive qualcuno. Altri, invece, hanno fatto riferimento a ruoli più alla Zanetti nell'Inter: "Ho sempre odiato che gli dessero un ruolo marginale... forse meglio così". E così Lucarelli esce di scena. Quel che resta è l’affetto della gente, la riconoscenza di una città intera e l’immagine indelebile di un capitano che non ha mai lasciato la nave.
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