My Man: gesta e opere di un'ala a piede invertito che non abbiamo saputo capire

Abbiamo dedicato il podcast di oggi (ieri per chi legge, ndr) al viaggio di Dennis Man in crociato, che sembra essere inesorabilmente alla sua conclusione. Rapporto incrinato con la piazza (ma un paio di gol possono mettere una pezza a tutto), turbolenze emotive (doppio pianto dopo Lazio e Como), fischi a mio modo di vedere assurdi e una prima stagione di Serie A che non esito a definire deludente. Perché il Man che ho imparato a conoscere e apprezzare durante il suo percorso in crociato, culminato con la stagione da giocatore top nell'ultimo anno in B, avrebbe dovuto regalare un'annata da almeno 7-8 gol e altrettanti assist. Era stato battezzato come leader tecnico della squadra in estate e le prime partite dell'anno avevano confermato questo trend: due gol nelle prime due, un assist contro l'Udinese in quella che è stata forse la gara che ha girato la stagione per Pecchia. Le certezze che scintillavano ad agosto si sono sgretolate e da lì il suo Parma ha faticato praticamente sempre, trascinando nel baratro anche Man, in gol anche contro Cagliari (sconfitta) e Lazio (vittoria), prima di scivolare in un oblio fatto di problemi fisici (veri?), mercato, voci e tanta panchina.
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I tre gol sbagliati nei minuti di recupero contro il Como sono forse la fotografia perfetta di questi quattro anni e mezzo insieme: un talento cristallino che ha saputo mostrare le proprie qualità troppo di rado, con picchi altissimi ma anche assenze esageratamente prolungate. In questo editoriale voglio parlare del Man che io ho intravisto, della mia visione personale di un calciatore che a mio parere non abbiamo saputo apprezzare e valorizzare, perché io non vedo in Serie A (fermandoci al nostro livello, ndr) tanti esterni d'attacco più forti di lui (complice anche il dilagare della difesa a tre, ndr).
Fermi un attimo: Dennis non ha nessuna responsabilità di questo flop? Al contrario, ma è il Parma che lo ha comprato a un prezzo totalmente fuori mercato per cercare una salvezza in modo disperato e avrebbe avuto ogni interesse a valorizzarlo sul campo, ma ci è riuscito davvero di rado, senza continuità e soprattutto non ha saputo capire il momento, specie quello di dirsi addio (complicato, lo ammetto). Io per primo non lo avrei mai ceduto ad agosto, fresco di rinnovo, e avrei preso male anche un suo addio a gennaio, quando invece probabilmente le sue motivazioni erano arrivate ad un punto di non ritorno.
Fischi di amore
Scelgo di interpretarli così: il pubblico del Tardini ha visto nelle ultime prestazioni del rumeno un tradimento, un amore non ricambiato, una delusione cocente perché chi aveva eletto a idolo gli ha voltato le spalle. L'epilogo peggiore possibile per un'avventura lunga, nel calcio moderno quattro anni e mezzo sono tanti, che ha visto Man come calciatore più pagato della rosa in tutta la sua durata, se vogliamo ridurla a qualcosa di poco romantico. E allora addio my Man: sogno di vederti segnare il gol salvezza e ricambiare l'affetto del pubblico di Parma. Poi scenderanno i, giusti, titoli di coda sull'avventura di un'ala a piede invertito che non abbiamo saputo capire.