Cuesta ha scelto la difesa a tre su richiesta dei giocatori. Ma il problema sono i gol: forse è arrivato il momento di passare a una linea a quattro e osare di più in attacco

Faccio mea culpa e mi ascrivo al novero di tutti coloro che, nei primi giorni seguenti all’arrivo di Cuesta sulla panchina del Parma, pensavano che il tecnico maiorchino avrebbe adottato uno schieramento con la difesa a quattro. Un tranello in cui molti (me compreso, ripeto) sono caduti, dovuto al fatto che Carlos è stato il secondo allenatore di Mikel Arteta, che ha (quasi) sempre schierato la difesa a quattro, a immagine e somiglianza del suo grande maestro, Pep Guardiola. Tutti si aspettavano un Parma schierato con un 4-2-3-1 o un 4-3-3 di ispirazione catalana e invece Cuesta si è fin da subito presentato con il 3-4-3, presto virato verso il 3-5-2 in seguito all’infortunio di Ondrejka nell’amichevole contro il Werder Brema. In ogni caso, la difesa a tre è stata fin da subito un marchio di fabbrica del Parma targato Carlos Cuesta.
Interrogato su questa tattica, il tecnico maiorchino ha sempre motivato la sua scelta con la richiesta esplicita dei giocatori, che gli avrebbero comunicato di preferire un sistema difensivo con la linea a tre, reduci dalla precedente esperienza con mister Chivu nella seconda parte dello scorso campionato. E in effetti nella passata stagione la scelta dell’allenatore rumeno ha pagato i suoi frutti: il Parma ha risalito pian piano la classifica, senza particolari exploit (se non nelle gare contro Juventus, Inter, Lazio e Atalanta) e inanellando una serie di pareggi che hanno consentito ai crociati di centrare l’obiettivo salvezza. Niente spettacolo, ma alla fine della fiera penso che a nessuno siano mancati il caviale e lo champagne (metaforicamente parlando). E Cuesta, dal canto suo, ha voluto proseguire nel solco lasciato da Chivu, riproponendo un modulo basato sulla solidità della difesa a tre.
E in effetti, se si guardano i numeri, rispetto alla passata stagione il Parma ha dimostrato un cambio di passo in questo senso: sono sette i gol subiti dalla squadra di Cuesta, contro i dodici della gestione Pecchia. Ben cinque reti incassate in meno, ma non si può considerare altrettanto positivo il dato relativo ai gol segnati. Qui infatti il Parma di Cuesta ha uno scarto decisamente negativo rispetto a quanto visto con Fabio Pecchia: tre gol in sei giornate, contro i dieci della scorsa stagione. Ed è appunto questo il punto maggiormente da migliorare per il Parma, che in queste prime giornate di campionato ha spesso dimostrato di avere “le polveri bagnate”, come si suol dire nel gergo giornalistico. Tre gol realizzati sono veramente troppo pochi per un campionato come la Serie A, tra l’altro condensati in sole due partite. Ciò vuol dire che il Parma è rimasto per ben quattro partite a secco, le quali hanno portato solo un punto in saccoccia (0-0 contro la Cremonese). Va bene la difesa più solida, ma per vincere e scalare la classifica bisogna anche segnare.
A questo punto mi sorge un quesito: non è forse arrivato il momento per Cuesta di “abbandonare” le richieste dei giocatori e cercare di trasmettere un calcio che gli sia più familiare? Mi spiego meglio: va bene che i difensori hanno chiesto all’allenatore di mantenere intatto lo schieramento a tre, che ha portato una buona solidità difensiva, ma allo stesso tempo il tecnico ha ben in mente come la situazione in zona gol vada risolta e al più presto. Siamo ancora all’inizio del campionato: perché non rischiare adesso? Perché non tentare di dare un assetto più offensivo alla squadra, aggiungendo un attaccante in più? Il problema principale risiede ovviamente nell’assenza di Ondrejka e anche nelle condizioni precarie di Oristanio. Ma allo stesso tempo anche Valeri sarà assente per qualche settimana e sicuramente non ci si può aspettare che Lovik possa garantire lo stesso apporto del collega in zona cross. Dunque, in definitiva, un bel rebus da risolvere per Carlos Cuesta. A mio avviso però, e forse sembrerò ripetitivo, un atteggiamento più offensivo sarebbe da preferire: siamo a inizio stagione e c’è tutto il tempo di rischiare.
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