Cuore bergamasco, anima gialloblu: Delprato e la sfida del destino

C’è un filo invisibile che lega Enrico Delprato alla partita più importante dell’anno. Un filo teso tra il presente e il passato, tra il cuore e la ragione, tra Parma e Bergamo. Sabato, nello stadio in cui ha sognato da bambino e nei campi di Zingonia che lo hanno visto crescere e imporsi come capitano nelle giovanili dell’Atalanta, si giocherà la salvezza con la fascia al braccio e la consapevolezza di portarsi dietro un pezzo di storia. La sua.
Non è una sfida come le altre. Perché Enrico a Bergamo ci è nato, ci ha imparato a stare al mondo, sia come ragazzo che come calciatore. A Zingonia ha respirato il senso del sacrificio e della disciplina, ha vinto trofei e ricevuto insegnamenti che lo accompagnano ancora oggi. Sempre con quella fascia al braccio, segno di una leadership innata, che nel tempo si è trasformata in una guida silenziosa, ma concreta. Nessun clamore, poche parole, ma quelle giuste. Sempre.
Poi, come accade a chi vuole davvero vivere il calcio, è arrivato il momento di partire. Lasciare casa, gli affetti, le certezze, per cominciare a costruire qualcosa di proprio. Il cammino verso la Serie A passa per la Serie B, fatta di trasferte dure, partite sporche, campi difficili e crescita personale. È lì che scopre di poter essere un terzino affidabile, ma anche un centrale duttile e intelligente. Si plasma, ascolta, osserva. E quando arriva la chiamata del Parma, accetta senza esitazioni.
Era il 2021, e il Parma aveva appena vissuto l’amarezza della retrocessione. In un ambiente ferito, con una piazza ambiziosa ma scossa, Delprato si carica sulle spalle molto più di una maglia. Si fa interprete dello spirito gialloblu, si immerge nella città, ne capisce i ritmi, le esigenze, le aspettative. A guidarlo, tra gli altri, un certo Gianluigi Buffon. Da lui apprende cosa significhi rappresentare Parma, cosa voglia dire diventare un punto di riferimento per lo spogliatoio e per la gente. Anno dopo anno, metro dopo metro, Enrico conquista tutti. Lo fa senza proclami, ma con l’esempio. In campo è sempre tra gli ultimi a mollare, fuori è un punto fermo per i compagni. Quando la fascia di capitano gli viene affidata, nessuno ha dubbi: è lui l’uomo giusto. Perché sa parlare con i fatti. Perché ogni sua dichiarazione è ponderata, lucida, coerente con il momento. Perché non si nasconde mai, nemmeno nelle difficoltà.
E ora eccolo lì, a un passo dal traguardo più importante della stagione. A Bergamo, nella sua Bergamo, per chiudere un cerchio che si era aperto anni fa tra le mura del settore giovanile dell’Atalanta. Una sfida dal sapore agrodolce, dove il battito del cuore si confonde con quello dei ricordi. Ma in quei novanta minuti non ci sarà spazio per le nostalgie. Solo la voglia di raggiungere un obiettivo che vale tanto, forse tutto: la salvezza del Parma. È il destino a scrivere le pagine più belle. E quella che Enrico Delprato si appresta a vivere ha tutto il sapore di una favola. Con la maglia del Parma addosso, il passato negli occhi e la determinazione di chi sa che non sta giocando solo una partita, ma l’ennesimo atto della sua storia. Da capitano, da leader, da uomo.
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