PL - Martines: "I nostri progetti non dipendono dalla promozione. Il Parma vuole essere un modello"

23.11.2023 20:02 di  Tommaso Rocca   vedi letture
PL - Martines: "I nostri progetti non dipendono dalla promozione. Il Parma vuole essere un modello"

Il Parma è pronto a celebrare i suoi 110 anni di storia. Un’occasione speciale per abbracciare il proprio passato e gettare le basi per un futuro altrettanto glorioso. Oggi è stato lanciato il logo ufficiale che accompagnerà tutta una serie di iniziative che andranno a svilupparsi in occasione di questa ricorrenza. A presentarcele è stato il Managing Director Corporate Luca Martines, che quest’oggi abbiamo avuto il piacere di intervistare presso lo Stadio Tardini. Martines ci ha parlato non solo dell’iniziativa Parma110, ma in generale dei progetti futuri del club, soffermandosi anche sul Nuovo Tardini e sul nuovo centro sportivo. Ecco le sue parole ai microfoni di ParmaLive.com.

Parma110 è un’occasione per celebrare la gloriosa storia del Parma. Quali iniziative verranno proposte e come avete intenzione di coinvolgere i tifosi nelle varie attività?
“Abbiamo cominciato con la presentazione ufficiale del logo che, di fatto, da oggi si trova anche sulla facciata del nostro stadio. Questa immagine accompagnerà tutta la nostra comunicazione da qui fino alla fine del campionato. Verranno celebrati i personaggi che hanno reso grande il nostro club, in linea con quanto già fatto fino ad oggi, sia dall’inizio dell’anno e anche nel precedente campionato, in cui siamo passati dalle iniziative in memoria di Cavallina, fino alla celebrazione del successo di Wembley e alla mostra delle maglie storiche. In questo filone si inseriscono due progetti editoriali. Uno è la produzione di sei podcast in italiano ed in inglese che saranno dedicati alla storia del Parma Calcio. L’altro, di cui sveleremo più avanti il contenuto esatto, è sempre dedicato ai personaggi storici che in questi 110 anni hanno fatto la storia del Parma Calcio ed è realizzato in collaborazione con la Fondazione Bagnaresi. L’iniziativa ha finalità assolutamente benevola. Non solo la Fondazione Matteo Bagnaresi, ma anche i tifosi e i cittadini sono stati coinvolti in questo progetto, che ribadisco verrà raccontato meglio nelle prossime settimane. C’è poi un progetto relativo al prodotto: ci sarà una linea di merchandising disponibile sia online che in negozio al Tardini, con il logo del 110° anniversario. Oltre a questo, saranno disponibili in edizione limitata tre maglie che hanno fatto la storia del Parma Calcio. In aggiunta, verrà da noi prodotta una serie di contenuti che nel corso del tempo accompagneranno la nostra comunicazione attraverso i canali tradizionali e anche social e digital”.

Un progetto che mira a coinvolgere non solo la città e il territorio ma anche il mercato globale. C’è la volontà di avere un orizzonte internazionale, anche grazie alla partnership con Puma?
“Assolutamente sì. Partendo appunto dalle magliette retrò, è un tema che piace moltissimo non solo qui ma anche all’estero. Abbiamo tantissimi tifosi in tutti i cinque continenti, alcuni provenienti da Paesi molto lontani, che anche in passato hanno risposto benissimo al lancio di queste collezioni. Sono prodotti che hanno un grande apprezzamento proprio perché iconici dell’era del Grande Parma. Come già detto, anche la produzione di un podcast in inglese è finalizzata a questo, a raccontare la nostra storia a tutti i tifosi che nelle ultime decadi ci hanno seguito”.

In un club che vuole avere respiro internazionale, rimanendo legato alla propria storia, quanto è importante il rinnovamento delle infrastrutture già esistenti per il futuro ambizioso della società?
“La cosa fondamentale è unire locale e internazionale, riuscire ad essere rappresentativi sia nel territorio che a livello globale. Il passato dice quello che siamo oggi, quello che siamo oggi dice quello che saremo domani. Il 110° anniversario coincide peraltro con il centenario dello Stadio Tardini, è un momento molto iconico per tutti noi. Il Tardini è la nostra casa, lo è stata per cento anni, nel fare una riflessione su quello che siamo stati nel passato stiamo gettando le basi per quello che sarà il futuro. La nostra casa rimane qui, vogliamo renderla molto più funzionale, per permetterci di scrivere qui i prossimi cento anni di storia del club che, ci auspichiamo, possa renderci protagonisti nello scrivere nuove pagine della storia del calcio”.

Rimanendo sul tema stadio, è di pochi giorni fa la notizia di ulteriori slittamenti nelle procedure (la Conferenza dei Servizi ha richiesto chiarimenti ed integrazioni alla documentazione progettuale, ndr). C’è il rischio di dover rivedere la tempistica o questo non incide sui piani? È realistico l’inizio dei lavori nel 2024?
“Rifare uno stadio è un progetto estremamente complesso. La Conferenza dei Servizi è composta da una serie di enti sia del Comune ma anche esterni al Comune. E’ normale e ci aspettavamo assolutamente che ci fossero delle richieste di ulteriori approfondimenti e chiarimenti. Mi preme sottolineare che la richiesta di ulteriore documentazione è stata avanzata su aspetti che non sono correlati alla struttura, quindi non a livello architettonico. La struttura per il momento non è stata oggetto di alcuna richiesta di chiarimento. Si tratta più di approfondimenti in ambito funzionale ed amministrativo. È ovvio che la tempistica è stretta, siccome vorremmo trovare quanto prima una casa alternativa, uno stadio temporaneo dove giocare. La nostra pianificazione, nel rispetto della competizione sportiva e soprattutto dei nostri tifosi, è che i lavori vengano iniziati tra la fine del campionato e l’inizio di quello nuovo. Ci sono tempi stretti, ovviamente il nostro team interno e i nostri consulenti stanno lavorando alacremente per fornire tutti i documenti il prima possibile, speriamo non ci sia ulteriore ritardo”.

Parlando di sistemazioni provvisorie, i piani sono da definire o avete già idee concrete? Si pensa di rimanere nel territorio?
“Sì, l’idea è quella di rimanere nel territorio, proprio per garantire una maggiore partecipazione e vicinanza con i tifosi. Ovviamente è un progetto complesso anche quello di costruire uno stadio temporaneo, in piccolo è quanto stiamo vivendo già con il Tardini. Però è un impegno che ci prendiamo volentieri, ovvio che lo slittamento della conferenza dei servizi ha dei riflessi e degli effetti anche sui piani legati allo stadio temporaneo. Continuiamo a visitare dei posti, continuiamo a fare le nostre analisi tecniche per capire la fattibilità del progetto, però prima dobbiamo ricevere una luce verde su quello che è il progetto principale”.

Rimanendo in tema infrastrutture, che idea di progetto avete per il centro sportivo a Collecchio e a livello di tempistiche, che piani avete?
“L’idea è di creare un centro sportivo moderno, inclusivo, che sia rispettoso di tutte le diversità, da quelle culturali, a quelle di gender e di età. Diventerà un posto che accoglie venti squadre, più di seicento atleti, provenienti da cinque continenti, di diversa etnie e religione e di tutte le età. Dobbiamo creare un ambiente che sia rispettoso di tutti e che diventi il posto dove crescono i campioni del futuro. Le linee guida principali le abbiamo già definite, sia da un punto di vista tecnico-sportivo che funzionale. Ovviamente è una tipologia di progetto diverso da quello dello stadio, essendo di carattere privato, ma coinvolge anche la municipalità: è un’opera imponente, che ha poi accessi e fruizione da parte dei cittadini e della comunità di Collecchio. Ha dei tempi diversi. Per quanto riguarda il tema legato alla costruzione dei campi, non necessariamente comporta una discontinuità nell’utilizzo dell’attuale centro. Mentre nel caso del Tardini lo stadio verrebbe chiuso e riaperto solo a lavori finiti, nel caso del centro sportivo diversi interventi saranno fatti in continuità”.

Come idea di progetto possiamo prendere come riferimento il Viola Park (nuovo centro sportivo della Fiorentina, ndr)?
“Per certi versi sì, per altri no. Ovviamente il Viola Park risponde e rispondeva ad un’esigenza simile, quella di dotarsi di una struttura moderna, efficientissima, che avesse un “effetto wow”. Quando si arriva lì è una struttura estremamente piacevole, costruita architettonicamente con certi criteri ed inserita in una cornice bellissima. Non posso dire che il nostro sia un modello similare. Ogni squadra ha le sue specificità e risponde alle proprie esigenze e necessità. Peraltro siamo anche in un contesto molto diverso. Sicuramente il Viola Park è un buon esempio, da cui si possono prendere spunti positivi ma anche capire cosa non fare”.

Questi investimenti sono subordinati al risultato sportivo? Quanto pesa la promozione in Serie A sulla progettualità?
“No, essendo investimenti di medio-lungo termine. La nostra ambizione è sempre quella di dare il meglio, con tutte le nostre squadre, maschili, femminili e anche giovanili. Nel risultato sportivo però, nel bene e nel male, c’è sempre anche una componente aleatoria. Ovviamente giocare in Serie A sarebbe molto favorevole, ma non è determinante”.

A livello di bilanci, nelle ultime stagioni sono state registrati ingenti perdite, risanate solo dall’immissione di capitale da parte della proprietà. Cosa è stato fatto e cosa si farà per cercare di avere un bilancio più sostenibile?
“Il Parma Calcio in questo non si discosta dalle altre squadre. La gestione tipica di una squadra di calcio, in Italia così come in altri Paesi, è molto simile a quella che abbiamo noi. Sono attività che richiedono un disegno di medio-lungo termine e ovviamente una certa disponibilità economica, che tuttavia viene ripagata nel medio-lungo termine. Basta guardare cosa è stato fatto anche oltralpe, da club che son stati acquisiti dieci anni fa a prezzi che sono trenta-quaranta volte inferiori a quello che è il loro attuale valore. In queste realtà, negli ultimi dieci anni sono stati inseriti capitali importanti che però hanno consentito alla squadra non solo di vincere ma anche di guadagnare un posizionamento nell’olimpo del calcio. Come ogni anno, poco tempo fa è stata pubblicata la classifica del valore dei brand, che riguarda ogni settore, non solo quello sportivo: ci sono dei brand che valgono ben di più di quello che è il loro fatturato, il valore del marchio è largamente superiore a quello che fatturano. Abbiamo esempi anche nelle eccellenze del lusso italiano”.

A differenza di brand in altri settori, quello sportivo è un ambito dove il risultato è forse addirittura più importante rispetto al profitto economico. Per Lei, che è alla prima esperienza effettiva di questo tipo in una società calcistica, cosa l’ha spinta ad entrare in questo settore e intraprendere questa avventura a Parma?
“E’ un mondo differente, con logiche diverse rispetto a quelle che vigono in altre tipologie di aziende e servizi. Quello che è veramente magico è il fatto che noi siamo custodi di quello che è nel cuore della gente, delle emozioni dei tifosi e della storia. Non tanti brand possono vantare 110 anni di vissuto, durante i quali sono passati da Parma campioni che hanno scritto la storia del calcio mondiale. Questo elemento emozionale, che tocca il cuore di una città e di tutti i tifosi, è un qualcosa di veramente unico. Questa è una cosa che mi ha particolarmente interessato e mi ha spinto a prendere questa decisione”.

A livello personale, come si trova in città e cosa le piace di questa piazza?
“Io sono quasi due anni che sono qua a Parma, mi son trovato subito benissimo. Tengo a precisare che la mia scelta di vivere a Parma precede il mio lavoro nel Parma Calcio. Avevo scelto di venire a vivere qui, con mia moglie e con i miei figli, perché amo la città. Mi sto trovando benissimo. Innanzitutto è una città bellissima, con tanta storia e anche tante storie di eccellenza, ci sono numerose aziende incredibili che portano avanti il Made in Italy nel mondo. Siamo in una provincia e una regione di cui dobbiamo essere orgogliosi. L’accoglienza è stata molto calorosa anche da parte dei tifosi, per come la vedo io è stato un bellissimo percorso finora. Il bilancio è estremamente positivo. Il contatto con i tifosi è un qualcosa di fondamentale, gestiamo quello che è nel loro cuore. Sono sempre stato molto disponibile ad incontrarli, partecipo a tutti gli eventi a cui vengo invitato con grande piacere”.

Di cosa si occupa nello specifico il Managing Director Corporate di una società sportiva e come è strutturata la collaborazione con l’area sportiva? In questo organigramma, come si colloca il nuovo direttore Martin Semmens?
“La società è in mano al presidente, sotto di lui ci sono due aree, quella sportiva e quella corporate. La parte sportiva, seguita dal mio collega (Roel Vaeyens, ndr), ha dentro i direttori sportivi della formazione maschile e femminile, i responsabili del settore giovanile e tutta la parte di scouting e Performance Analytics. Nella parte corporate invece, io seguo tutta la parte finanziaria, ovvero operations, stadio e centro sportivo, tutta la parte commerciale e tutta la comunicazione, con i vari uffici stampa, a cui si aggiunge tutta la parte del brand e del marketing. Ovviamente c’è una grandissima collaborazione tra questa area e quella sportiva, sebbene siano due mondi abbastanza diversi. Il presidente in America ha già altri due club, di recente ha assunto una persona nella struttura americana, quindi non nella struttura interna del Parma Calcio, che fa da advisor per quello che riguarda il mondo del calcio. Non è inserito però all’interno della nostra struttura”.

Per chiudere, quali sono le ambizioni per il futuro, sia dal punto di vista sportivo che dal lato corporate?
“L’ambizione è di portare il club nelle più alte sfere del calcio europeo e mondiale. Come club intendo tutte le squadre, maschile, femminile, settore giovanile e paralimpica. Dal punto di vista corporate l’obiettivo è di diventare, come dicono gli inglesi, un “top of mind club”, ovvero di essere un club di riferimento quando si pensa ad una società sportiva. Il Parma ha già un posto importante a livello mondiale. In questi ultimi vent’anni, tanti club che erano sconosciuti negli anni Novanta sono arrivati alla ribalta del calcio mondiale. Il Parma ha tutto per ritornare ad essere un grande protagonista, a partire proprio dallo storico e dal pregresso della società. Dal punto di vista del branding, vogliamo continuare a crescere seguendo quello che è il sentimento delle persone, tifosi in primis ma anche non tifosi”.

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