Coach Peterson intervista Apolloni: "A Parma anni straordinari, vincere a Wembley emozione unica"

12.10.2025 16:11 di  Tommaso Rocca   vedi letture
Coach Peterson intervista Apolloni: "A Parma anni straordinari, vincere a Wembley emozione unica"
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© foto di Giovanni Padovani

Coach Dan Peterson ha intervistato Gigi Apolloni, bandiera del Parma e firma della rubrica Il Punto del Mister su ParmaLive.com (leggi QUI). Una lunga chiacchierata sul canale della Lega Serie A, ripercorrendo le tappe della sua carriera. Questo un estratto dell'intervista: "Un onore esser intervistato da te, sei sempre stato un punto di riferimento, farò invidia a tanti miei ex compagni".

Come è stato giocare per Scala?
"Arrivò nell'89', io a Parma ero arrivato due anni prima. In precedenza erano passati a Parma Sacchi e Zeman, di quella squadra rimanemmo solo io, Melli, Osio e Gambaro. Scala arrivò nell'89' con molta umiltà, dandoci il gusto di divertirci in allenamento per poi trasportarlo in partita. Ci diede una serenità incredibile e credo si sia visto non solo per i risultati ma anche per le prestazioni. La gente rimaneva entusiasta del nostro gioco, della nostra proposta, eravamo tutti ragazzi giovani che ambivano a diventare importanti". 

Con il Parma la più grande vittoria è stata la Coppa delle Coppe:
"Venivamo dalla vittoria della Coppa Italia l'anno precedente, giocammo contro la Juventus. Perdemmo 1-0 a Torino contro la Juventus di Boniperti e Baggio, poi vincemmo 2-0 in casa e per noi fu un'esaltazione incredibile, il primo successo oltre alla promozione in Serie A. Io allargo il campo, ogni step fatto ha creato i presupposti per arrivare a vincere la Coppa delle Coppe e successivamente la Coppa UEFA. Noi venivamo dalla Serie B con Scala, ci allenavamo in un parco pubblico, non c'era il centro sportivo a Parma. Ci cambiavamo allo stadio, a trecento metri da questo parco (la Cittadella, ndr), poi vestiti da calciatori a piedi passavamo in mezzo al traffico e arrivavamo al parco dove c'erano i vecchietti che giocavano a carte, le mamme al parco con i bambini. Avevamo un nostro campo recintato e quello per noi era il nostro centro sportivo, era straordinario, aperto al pubblico. Lì abbiamo costruito le basi per salire in Serie A, vincere la Coppa Italia e poi la Coppa delle Coppe. Non è stato semplice, ma la bravura della società e di Scala è stata di darci tranquillità nei momenti difficili. Le pressioni sono diverse a Parma rispetto a piazze come Inter, Milan e Juventus. C'era entusiasmo, tutto quello che arrivava era di guadagnato. La gente in città ci salutava, si fermavano in macchina per fermarci e fare i complimenti ai vari Asprilla, Zola, Taffarel, Grun, Brolin e tanti altri. Questo percorso ci ha permesso step dopo step di arrivare alla finale di Wembley". 

Com'è stato scendere in campo a Wembley?
"E' stata un'emozione unica, al seguito vennero addirittura 12mila persone da Parma, qualcosa di straordinario per una cittadina come questa. Parma comunque è sempre stata una culla importante a livello calcistico, son venuti fuori allenatori come Sacchi, Scala, che lo voleva il Real Madrid, e Ancelotti. In finale vincemmo 3-1 contro l'Anversa, segnarono Melli, Cuoghi e Minotti. Noi ci divertivamo e questo poi si è visto anche nella finale. Potevamo andare in difficoltà, ma avevamo una forza caratteriale nel nostro gruppo, perché la società, con il direttore Pastorello, di anno in anno ha inserito elementi che aiutassero noi a crescere. Guardavano chiaramente le qualità tecnico-tattiche ma soprattutto la persona, quell'alchimia che si era creata era straordinaria. Negli anni Novanta, in rapporto a Milan, Inter e Juventus, abbiamo vissuto un passaggio straordinario". 

Un'altra figura è Ancelotti, si vedeva sarebbe diventato un grande allenatore?
"Ancelotti l'ho affrontato da giocatore del Milan negli ultimi anni di Sacchi al Milan. Sacchi lo volle fortemente, lo prese dalla Roma. Era già allenatore in campo. Per esaltare le qualità dei campioni, serve qualcuno in gruppo che fa il cosiddetto lavoro sporco. Da giocatore, Carlo ha fatto vincere tante partite al Milan, aveva un gran tiro e tatticamente era straordinario. Quando arrivò a Parma, dopo l'addio di Scala, lì ho capito il suo vero valore. Ancelotti si riguardava sempre le partite e gli allenamenti, l'essere umano solitamente ha bisogno di staccare dal lavoro e riposare, lui invece non staccava mai. Sembrava prendere energie dal documentarsi e cercare di migliorarsi". 

Il racconto del mondiale nel 1994:
"Per me è stata un'emozione unica, il sogno di un bambino, che già aveva raggiunto la Serie A con la promozione e poteva affrontare giocatori che seguivo in televisione. Ero in vacanza con Zola, mi dissero che ero convocato in nazionale per il mondiale. Era per me un sogno: avevo di fronte Baresi, Costacurta, Tassotti, che oltretutto veniva ad allenarsi ogni tanto sui campi della Lodigiani, settore giovanile dove sono cresciuto. E' stata una gratificazione, ero onorato di giocare con atleti così. L'emozione è stata straordinaria, ma il percorso nostro non è stato facilitato. Perdemmo la prima a New York contro l'Irlanda e arrivarono critiche pesanti su di noi e su Sacchi. Lì è stato bravo, prese un ritaglio di giornale dove venivamo accusati e lo mise nella bacheca dello spogliatoio. E' stata una chiave importante per la partita successiva contro la Norvegia, in cui ci fu anche il mio esordio. Anche quella fu una partita complicata in primis dal rosso a Pagliuca. Sacchi scelse di togliere Baggio per mettere Marchegiani, noi dovevamo vincere dopo aver perso la prima. Nel secondo tempo si fa male anche Baresi e Sacchi mi chiama, sono entrato a freddo e non ho fatto in tempo ad emozionarmi, sentivo il peso della maglia e il senso di appartenenza, dovevamo vincere quella partita. La prima palla è stato un anticipo di testa con tranquillità, ero già preparato dai duri allenamenti precedenti anche a livello di pressione che ci metteva. Vincemmo con gol di Dino Baggio su calcio d'angolo, ho realizzato tutto quando l'allenatore dei portieri Gedeone Carmignani, fedelissimo di Sacchi, arrivò da me felicissimo per abbracciarmi. Giocai anche contro il Messico, 1-1 per il rotto della cuffia, e in finale entrando dopo 20 minuti quando si fece male Mussi. Di fronte avevo Bebete e Romario, anche lì non ho potuto realizzare, era troppo importante il contesto della finale. Non ricordo nulla del contorno, dello stadio, avevo la visione tunnel, vedevo solo compagni e avversari. La concentrazione e l'emozione erano così forti da non rendersi conto del contorno". 

Un altro nome, Gigi Buffon: 
"E' il portiere più forte che abbia visto in assoluto. Con Scala ci allenavamo in Cittadella, lui arrivava dagli Allievi, non aveva fatto il percorso in Primavera. In campo si vedeva subito la prestanza fisica, ma soprattutto la forte personalità a soli 16 anni. Finito l'allenamento Zola e Asprilla si fermavano a calciare i rigori, lui li parava con tranquillità e li prendeva in giro. Lì ho capito sarebbe diventato uno dei migliori al mondo, aveva la sfacciataggine, l'incoscienza, una tranquillità giovanile che gli ha permesso di arrivare ad alti livelli dove ci sono pressioni forti da gestire. Lui è nato per saperle gestire". 

Il presente della nazionale è Gattuso, come vedi il futuro?
"Gattuso per eccellenza è stato un grandissimo calciatore, ma anche una persona generosa che ha dato tanto. Ogni calciatore lo avrebbe voluto come compagno. Da allenatore ha trasportato questo suo carattere, è stato scelto anche per questo. Vedevamo una nazionale, c'era poco senso d'appartenenza: non penso che non sentano la maglia, ma serviva una guida, un fuoco sotto. Ha dato coraggio a questa squadra guardando le cose positive, in Italia tendiamo a concentrarci sugli aspetti negativi. Sacchi diceva che prima della partita bisogna concentrarsi su cosa bisogna fare, la testa deve esser proiettata alle gare, all'avversario, a come posizionarsi, come colpire di testa, come anticipare. Il fatto di pensare intensamente a cosa devi fare toglie tutti gli altri pensieri negativi, come l'ansia e la paura. Era bravo perché curava ogni minimo particolare e questo ha fatto la differenza nella sua carriera". 

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