Paonessa: “A Parma trattati come carne da macello. Quando arrivò Manenti capì che dovevo smettere”

Intervenuto in una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport, l’ex giocatore Gabriele Paonessa ha parlato anche dei momenti oscuri della sua carriera. Dopo alcuni prestiti dal Bologna a Vicenza e Avellino arrivò la rottura del crociato, che fu pesantissima a livello mentale, come spiegato dall’ex calciatore. Poi una parentesi al Parma, negli anni che hanno preceduto il fallimento. Anni difficili, con tanti prestiti e poca fortuna. Spiegando del grave infortunio al ginocchio, Paonessa ha detto: “L’inizio della fine. Rientrai con Papadopulo, ma andai in prestito a Vicenza. Un altro calvario: prima uno strappo muscolare, poi una distorsione alla caviglia. Uno stop dietro l’altro. Poi, nel 2010, arrivò il Parma, e capii che era finita”.
In che senso?
“Firmai cinque anni di contratto, progettai una rinascita che non c’è mai stata, ma solo dopo capii il perché di quei contratti così lunghi: ero uno di quei 200 giocatori che servivano alla società per poter resistere. Continuai a girare in prestito senza meta: Cesena, Gubbio, Como, Perugia. Non avevo più la testa. Ci hanno trattato come carne da macello”.
Dal 2013 al 2015 non ha mai giocato.
“Ero fuori rosa. Quando arrivò Manenti capì che dovevo smettere. ‘Se il calcio è questo allora ho finito’, dissi. Avevo offerte da Bulgaria e Romania, ma non volevo spostarmi. Ho detto basta a 29 anni senza mai aver giocato un minuto in Serie A”.
Il momento più difficile qual è stato?
"A Parma, li ho vissuto un incubo durato anni. Non so se posso parlare di depressione, ma ho avuto momenti tosti, complessi, dove la mia famiglia mi ha aiutato. Fui sballottato in prestito per soddisfare le esigenze di una società che poi è fallita. Lì mi sono domandato, ‘ma io che ci sto a fare qui?’. Ho fatto la fine di una pallina lanciata da una parte all’altra, e questo mi ha logorato”.
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