Apolloni: “Mi ricordo di quando dribblai Maradona di tacco. E quella volta con Asprilla in Svezia…”

Alle penne della Gazzetta dello Sport, l’ex calciatore e allenatore del Parma Luigi Apolloni si è concesso a una lunga intervista. Dopo aver parlato più in dettaglio delle esperienze da giocatore e mister, il recordman di presenze per i crociati ha esplorato i ricordi amarcord e aneddoti da leggere con il sorriso.
Un episodio che le è rimasto in mente?
“Se vi dico che ho dribblato Maradona con un colpo di tacco, ci credete?”.
Francamente riesce difficile.
“Accadde alla terza di campionato, per me fu naturale quel gesto. Ma quando tornammo negli spogliatoi Scala, dopo avermi fatto i complimenti, mi confessò: ‘Mi hai fatto prendere un colpo, per poco non ci resto secco’”.
Il compagno di squadra più simpatico?
“Nessun dubbio: Faustino Asprilla. Per me è come un fratello. Ne faceva una più del diavolo. Lo sapete quello che combinò a poche ore da una partita di Coppa delle Coppe in Svezia?”
No, ci racconti.
“Eravamo in camera assieme, io ero il suo tutor. Eravamo a Degerfors, il ritiro era in un bellissimo castello e lì davanti c’era un laghetto. Tino mi fa: “Dai, Gigi, andiamo a fare un giro con la barca”. Io cerco di convincerlo che non è una buona idea: “Se ci becca Scala, sono guai!”. Ma fermare Tino era impossibile, in campo e fuori. Così saliamo sulla barchetta, facciamo il giro del lago e, quando rientriamo, lui mette male il piede mentre sta scendendo e cade in acqua. Un tonfo piuttosto rumoroso. Scala, che era nella hall, sente tutto, esce dal castello-ritiro, vede Tino tutto inzuppato e gliene dice di tutti i colori. Due ore più tardi siamo in campo, stiamo perdendo 1-0 e lui, a cinque minuti dalla fine, s’inventa due giocate pazzesche e vinciamo 2-1. Era un fenomeno. Se solo avesse avuto la testa a posto...”.
Se dovesse dire il più forte con cui ha giocato?
“Anche in questo caso non ho alcun dubbio: Gianfranco Zola. Per fermarlo quando andava in dribbling ci voleva il fucile. E poi le sue punizioni erano autentici disegni. Mi impressionava la sua tenacia in allenamento nonostante fosse dotato di un immenso talento. Era uno che si impegnava e i compagni lo rispettavano anche per questo motivo”.
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