PL - D. Baggio: "Il calcio è cambiato, ora si lavora meno sulla tecnica. Il mio era un grande Parma"

09.01.2023 16:42 di  Donatella Todisco   vedi letture
PL - D. Baggio: "Il calcio è cambiato, ora si lavora meno sulla tecnica. Il mio era un grande Parma"
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© foto di Federico De Luca

E’ stato uno dei giocatori più rappresentativi del calcio italiano negli anni ’90. Dino Baggio ha scritto pagine importanti della storia del Parma Calcio e della Nazionale, dando il suo preziosissimo contributo agli anni più gloriosi della storia dei gialloblu. A fine carriera ha deciso di allontanarsi dal mondo del calcio, dedicandosi alla sua famiglia e ai suoi figli. Abbiamo contattato l’ex centrocampista per fare un excursus sugli anni d’oro del Parma e per un pensiero sulla prossima sfida di Coppa Italia contro l’Inter, in qualità di doppio ex. Queste le sue parole in esclusiva ai nostri microfoni:

Di cosa si occupa ora Dino Baggio nella vita?
"Quasi tutte le mattine sono in palestra per tenermi in forma e contribuisco anche alle faccende domestiche. Inoltre seguo molto i miei figli, Alessandro e Leonardo, che giocano a calcio. Sono spesso fuori per seguire i loro allenamenti e vedere le loro partite. Questo è sempre stato il mio mondo e mi piace seguirli”.

Cosa rappresenta Parma per Lei?
“A Parma ho passato anni meravigliosi. A volte mi vedo con alcuni ex giocatori del Parma: l’altro giorno, venerdì 6 gennaio, ero ad Alassio in compagnia di Melli, Osio e altri ex calciatori per un evento di beneficenza per sostenere la Fondazione AIRC. Insieme abbiamo fatto footgolf in spiaggia e ci siamo ritrovati. A breve penso di tornare a Parma con gli altri ex, tra cui Melli, per pranzare o cenare insieme e andare a vedere la partita. Parma per me rappresenta una squadra di compagni affiatata e unita. Quindi ritrovarsi ancora adesso, magari con qualche chilo in più, è molto bello”.

Qual è la partita che le è rimasta maggiormente impressa?
“Ricordo tutte le partite in modo piacevole. Conservo anche un buon ricordo del pubblico che era sempre molto vicino e ti voleva bene. Quella che mi è rimasta più impressa è la finale della Coppa UEFA nel 1995 quando battemmo la Juventus, io feci gol sia nella partita d’andata che in quella di ritorno. Penso che anche per i tifosi quella vittoria sia stata molto importante, inoltre è un successo emblematico perché è stata la prima Coppa UEFA della storia del Parma”.

Molti ex calciatori hanno deciso di intraprendere la carriera come allenatori in campionati professionistici. Lei ci ha mai pensato?
“Sinceramente, non è un incarico che mi piace. Forse mi piacerebbe di più diventare osservatore per comprendere quali giovani possano avere un futuro o preferirei diventare un dirigente. Il ruolo dell’allenatore non mi attrae molto perché implica molte responsabilità: è un compito difficilissimo”.

Buffon è tornato a Parma per concludere la sua carriera. Che ricordi lo legano a Gigi?
“E’ un po' che non sento Gigi. I ricordi che mi legano a lui sono molto belli, abbiamo vinto tanto insieme. Un ottimo compagno di squadra, difficilmente lo vedi arrabbiato. Se capita che lui sia un po' arrabbiato e dica qualcosa, si tratta sempre di verità, è una persona perbene e giusta. Per me è stato ed è ancora tutt'ora il portiere più forte al mondo: tra l'altro, Gigi è stato uno dei primi portieri a saper giocare bene anche con i piedi, anche perché prima di diventare portiere ha giocato anche come centrocampista. Mi ha fatto molto piacere che sia rientrato a Parma per finire la carriera e sicuramente per dare il suo contributo ai giovani, che hanno bisogno di vedere oltre il calciatore anche il professionista e l’uomo. Mi farebbe piacere ritrovarlo quando tornerò a Parma”.

Lei ha giocato negli anni in cui il calcio italiano era uno dei più competitivi. Come mai negli anni il calcio italiano ha perso terreno, come dimostrano le due mancate qualificazioni ai mondiali?
“Adesso si lavora di più sulla velocità e sulla forza. Ora i calciatori sono strutturati bene, sono più veloci, sono più forti in tutto: quello che è venuto a mancare è la tecnica. Nei settori giovanili, secondo me, non l’hanno più insegnata o lo hanno fatto poco. Ora molti giocatori vanno a duemila all’ora ma sbagliano, nella maggior parte dei casi, il primo controllo: ciò significa che il lavoro tecnico non è stato fatto. Se si guarda i giocatori di Champions League ci si accorge che sono bravi tecnicamente, ma se si guarda i giocatori di un calcio inferiore ci si rende conto dei tanti errori tecnici. Per imparare bene la tecnica occorre tempo, ma purtroppo oggi non c’è tutto questo tempo”.

Il 6 gennaio è scomparso Gianluca Vialli, suo ex compagno di squadra alla Juventus ma anche avversario in campo. Che ricordi conserva?
“Anche di lui conservo splendidi ricordi. Vialli era un professionista esemplare su tutto, oltre che un uomo spogliatoio: aveva sempre parole di incoraggiamento, mai parole brutte, soprattutto per i giovani. Io sono stato due anni con lui alla Juventus e abbiamo vinto anche la Coppa UEFA. Poi dopo è diventato un avversario sul campo ma non era un problema perché già lo conoscevo. Mi dispiace molto per quello che è successo”.

Cosa ne pensa dell'attuale Parma? Pensa possa tornare la grande squadra che era in passato?
“Sinceramente del Parma attuale conosco solo Gigi. Ho dato un’occhiata alla rosa e ho notato che ci sono tanti stranieri, penso che occorrerebbe dare di nuovo importanza ai giocatori italiani. Bisognerebbe capire il motivo dell’importanza data agli stranieri: leggevo sul giornale che anche nel Real Madrid di Ancelotti ci sono tantissimi stranieri in squadra. E’ una tendenza che si sta diffondendo sempre di più, del resto il calcio è cambiato. Io dico che i nostri giovani per poter essere notati debbano andare a giocare all’estero con una squadra francese, tedesca, inglese e rientrare in Italia con la Nazionale. Penso anche che un Parma così forte come negli anni ‘90 non possa tornare. L’unica cosa che è mancata a quella squadra è stato lo Scudetto. Ancora oggi molte persone ricordano quel Parma. Per raggiungere quei risultati ci vogliono calciatori forti, che ci sono, ma ci vorrebbe un presidente dal portafoglio molto consistente. Per avere una squadra simile a quel Parma dovranno passare molti anni”.

C'è un consiglio che vorrebbe dare agli attuali giocatori crociati?
“Loro quando vanno in campo devono dare tutto: passione e determinazione. Il mio consiglio è quello di fare ancora più gruppo e squadra. Se si è uniti e compatti si riesce a vincere. Noi abbiamo vinto tanto perché eravamo un gruppo unito e ci aiutavamo l’uno con l’altro. Adesso può essere un po' più complicato con la presenza di molti stranieri. Al contempo, dico che la squadra che riesce a fare più gruppo è quella che vince”.

Secondo Lei, Pecchia può essere l'uomo giusto per riportare il Parma in A?
“Secondo me sì, è stato anche un giocatore di alto livello. Inoltre allena da anni e ha grande esperienza, credo sia un allenatore molto preparato e possa riportare il Parma in A, nel posto dove merita. Speriamo che Pecchia col Parma ottenga la terza promozione nella massima serie”.

Analizzando il prossimo match di Coppa tra Inter e Parma: quali difficoltà potranno incontrare i crociati a San Siro?
“Sulla carta l’Inter è più forte, questo è un dato oggettivo. Può essere magari che la squadra nerazzurra possa affrontare questa sfida di Coppa in maniera superficiale o possa fare un ampio turnover. La squadra crociata andrà a San Siro per cercare di andare avanti e quindi sarà più motivata rispetto ai ragazzi di Simone Inzaghi, dunque Inter-Parma di Coppa potrebbe essere una partita aperta. Sulla carta l’Inter è naturalmente favorita, ma secondo me non sono escluse sorprese”.

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