D'Aversa: "Kulusevski mi colpì in una finale Primavera. Scelsi Parma per la piazza, non per la categoria"

In una lunga intervista concessa a TMW, l'ex allenatore del Parma Roberto D'Aversa ha parlato dell'attuale campionato di Serie B, lasciandosi poi trascinare dai ricordi del passato e dall'avventura sulla panchina crociata: “Aspetto la fine della stagione per fare i complimenti a Fabio Grosso, ma indipendentemente dal primo posto in classifica da parte mia nei suoi confronti c’è sempre stato un pensiero positivo. Parliamo spesso, so come ragiona, e non avevo bisogno del campionato che sta facendo con il Frosinone per giudicarlo come un bravo allenatore. Le altre? La Reggina è partita forte, anche andando al di la delle aspettative. In questo momento sta avendo un momento di flessione. La più forte è il Genoa, ma la B è difficile. Potrebbe esserci una sorpresa come ad esempio il Sudtirol. Sta facendo ottime cose grazie anche alla loro grande organizzazione”.
Sui campioni allenati.
“Io ho avuto la fortuna di avere Bruno Alves, un campione, e Gervinho che comunque è stato un calciatore top. Poi dipende anche dall’età in cui li alleni e di come vengono gestiti. Però sono giocatori che alzano il livello dell’allenamento, della professionalità e della qualità della squadra. Più campioni si hanno e meglio è. Il problema è allenare i giocatori meno bravi, non quelli bravi”.
Su Darmian.
“A dir la verità ho lavorato più su quella continuità che non aveva più avuto in Premier League con il Manchester United. Ho trovato un ragazzo eccezionale, che sento tutt’ora. Ed il fatto che contro il Porto in Champions League è stato il migliore in campo dell’Inter mi ha reso molto felice perché è un bravissimo ragazzo, umile, che ogni padre vorrebbe per la propria figlia. Come giocatore può ricoprire diversi ruoli, sia come terzino oppure come braccetto. Ho sempre apprezzato la sua duttilità e la sua umiltà, ricordo che quando venne a Parma tutto sembrava tranne che un calciatore che aveva giocato con l’Italia ed in Premier League. Si è subito messo a disposizione, sapevamo che Parma sarebbe stata una tappa intermedia prima di andare all’Inter. E sta dimostrando di essere un giocatore da Inter”.
Su Kulusevski.
“Lo vidi durante la semifinale scudetto Primavera a Parma, si giocava al Tardini ed approfittai per seguirlo dal vivo. Dietro a Dejan c’erano già tante società, ad esempio il Cagliari che aveva già fatto un’offerta importante per acquistarlo. In quel caso è stata brava anche la società, abbiamo sfruttato i buoni rapporti che c’erano fra i club e quello con l’allora direttore sportivo dell’Atalanta Sartori con cui spesso ci sentivamo per alcuni giovani. Con me a Parma avrebbe potuto giocare di più rispetto ad altre squadre, questo ha fatto la differenza. E nel momento in cui ha giocato ha stupito tutti. Nella costruzione della squadra lo avevamo inserito a centrocampo. Ma poiché avevo bisogno di un esterno offensivo mancino che giocasse a piede invertito dopo due allenamenti puntai su di lui. Sin da subito ha catturato l’occhio per la forza, la determinazione e la voglia che aveva di arrivare. Non voleva mai perdere, nemmeno in allenamento. Spesso e volentieri lo stuzzicavo perché volevo che non perdesse equilibrio. Devo dire che ha fatto un grandissimo campionato, al di sopra delle aspettative. Un giocatore che esce dalla Primavera ed è subito così determinante in Serie A non lo ricordo. Forse insieme a lui Bastoni”.
Su un 'rimpianto'.
"Alberto Grassi. Ma le motivazioni sono legate solamente ai vari infortuni che ha avuto, è stato davvero sfortunato. Grassi è un giocatore forte, tecnicamente gioca sia con il piede destro che sinistro. Insomma, un calciatore completo. Purtroppo gli infortuni non gli hanno permesso di fare un certo tipo di carriera”.
Sul futuro.
“E’ chiaro che un allenatore vorrebbe sempre allenare in Serie A. Come ho dimostrato in passato però io penso che la categoria sia importante ma fino ad un certo punto. Quando scelsi Parma in Lega Pro, pur avendo la possibilità di andare in Serie B, optai per una piazza non riconducibile ad una categoria. Mi piacerebbe lavorare con una certa continuità, fare quello che è stato fatto a Parma perché per dare i propri principi ed i propri concetti ci vuole del tempo. La mia ambizione è questa, non mi sento un allenatore per 3 o 4 mesi. Ho l’ambizione di arrivare a livelli alti, valuterò anche il progetto perché ci sono piazze importanti che non possono essere giudicate dalla categoria. Come modulo ho sempre cercato di giocare con il 4-3-3, magari anche variando in un 4-3-2-1 portano dentro gli attaccanti in base alle loro caratteristiche. Alla Sampdoria ho giocato con un 4-4-2 perché le caratteristiche dei calciatori si adattavano a questo sistema di gioco, che dipende sempre dai calciatori che hai a disposizione. Se ho la fortuna di poter costruire una squadra cerco sempre di farlo affinché possa giocare con il 4-3-3 ma non sempre alla stessa maniera. Bisogna sempre ragionare sulle due fasi: sul modo di difendere e su quello di costruire. La costruzione può essere fatta a 4, ma anche a 3 abbassando un centrocampista e tenendo un terzino bloccato. Poi ovviamente dipende tutto dalle caratteristiche dei propri giocatori e della squadra che si va ad affrontare”.












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