Thuram: "Il profitto è più importante che difendere i valori. Bisogna avere il coraggio di dire basta al razzismo"

08.11.2019 14:40 di Niccolò Pasta Twitter:    vedi letture
Thuram: "Il profitto è più importante che difendere i valori. Bisogna avere il coraggio di dire basta al razzismo"

Ospite dell'istituto IPSIA "Primo Levi" a Parma, grazie alla fondazione Pizzarotti Lilian Thuram oggi ha incontrato gli studenti per sensibilizzarli circa il tema razzismo. In una chiacchierata durata circa due ore, il campione francese ha risposto alle domande dei ragazzi, parlando anche dei suoi anni a Parma e ricordando qualche episodio della sua lunga carriera. 

“Ho avuto la fortuna di vivere qui cinque anni la mia esperienza a Parma è stata molto importante perché ero visto come straniero ed è una cosa particolare. All’inizio se le cose non vanno bene dicono che è colpa degli stranieri. Quando sono andato via dall’Italia mi mancava. E’ molto importante parlare con gli altri, raccontare le proprie storie perché ognuno di noi ha qualcosa da raccontare e spesso si possono aiutare gli altri che vivono situazioni simili solo parlando. Ognuno di noi è educato in una certa forma dai genitori, dalla scuola, dai luoghi in cui si cresce e tante volte si pensa di possedere la verità e a quel punto diventa difficile convivere con gli altri. Noi non siamo consapevoli ma siamo il risultato della storia del mondo e non dobbiamo accettare certe gerarchie, come quella riguardante il colore della pelle: è difficile cambiare le cose perché a volte abbiamo abitudini sbagliate e non riusciamo a cambiarle. Capita che mi dicano che non sono francese per il colore della mia pelle perché una volta non c’erano persone con il colore della mia pelle francese. Sono arrivato a Parma nel ’96 e sono certo che non esistessero classi con tante etnie differenti. Vuol dire che c’è stato un cambiamento ma qualcuno non lo accetta. Ognuno di voi qui presenti deve capire che non bisogna guardarsi attraverso il colore della pelle, attraverso la religione. Il cambiamento è la cosa più naturale del mondo ma c’è chi non lo accetta. Le cose che non cambiano sono le cose morte. I paesi sono fatti da uomini e donne ed è giusto che ci sia cambiamento, non siamo più l’Italia di cento anni fa. Molto spesso chi non vuole il cambiamento è un privilegiato, mentre chi spinge per il cambiamento ne paga le conseguenze. Per costruire l’uguaglianza bisogna combattere, se vogliamo cambiare l’Italia dobbiamo rivendicare il fatto che voi siete l’Italia di domani. La cosa più difficile per un essere umano è essere libero perché intorno tanta gente non te lo permette. Per essere libero devi riuscire a giudicare le persone per l’essere umano che è. Non guardare alle origini, non guardare alla religione, all’etnia. Il razzismo ti fa credere che tu sia superiore agli altri, tu devi venire prima. Io sono francese e oggi sono Italia, oggi in Francia hanno ammazzato degli italiani perché sono italiani. Questa gente è come noi, siamo tutti persone. Dobbiamo riflettere e capire che siamo tutti uguali nonostante abbiamo diverse religioni, etnie. Bisogna imparare a dire di no quando non si è d’accordo: discutere e riflettere insieme.

Come ti guarda la gente?
“Dipende, tante volte dicono che sono bellissimo (ride, ndr). Io sono molto fortunato perché c’è chi mi ama. Noi abbiamo bisogno di qualcuno che ci ama. Quando alcune persone mi guardano si ricordano di me per i miei trascorsi nel calcio e mi sorridono”.

Nel mondo del calcio c’è pieno di scene di razzismo:
“Quando ero bambino c’era già nel mondo del calcio qualche manifestazione di razzismo. Ricordo di una partita in cui avevano tirato una banana al portiere del Camerun, ero un bambino e mi chiedevo perché, era strano. Dopo tanti anni succede ancora. Ma perché? C’è una cultura che accetta che tu puoi umiliare. Non è grave se umili una persona nera. Bisogna cambiare questa cultura, così come va cambiata quella che umilia, ammazza le donne. Quando ero in Italia all’epoca c’era chi diceva stop al razzismo, ma purtroppo siamo in un mondo dove difendere il profitto è più importante che difendere i valori. Se fermi le partite ci sono problemi. Le immagini negative che si danno del calcio, del paese.. Bisogna avere il coraggio di dire basta. Io sono umiliato su un campo di calcio perché sono nero: non è un mio problema. Il problema è di quelli che mi fanno il verso della scimmia. Pensano di essere superiori perché hanno un colore diverso della pelle. Voi domani sarete adulti e dovrete capire sin da subito certe cose. Storicamente c’era una gerarchia basata sul colore della pelle: le persone nere stavano in basso, erano la catena mancante fra scimmie e uomini. Quelli che fanno i versi della scimmia fanno questi versi ma magari non sanno nemmeno perché.  C’è gente che si crede migliore perché è bianco, così come c'è chi si crede migliore delle donne, degli omosessuali e magari non sanno nemmeno perché. Non si nasce razzisti. E’ qualcosa di recidivo che ti porta a pensare a questo. Bisogna fermarsi e riflettere ma c’è chi non vuole. C’è chi non vuole l’uguaglianza perché in questo momento ha potere. Il razzismo non è solo nel mondo del calcio, è in tutta la società ma è difficile uscirne. Io sono francese, originario della Guadalupe, dove una volta c’era la schiavitù. Noi portiamo la storia del mondo ed è questo il problema. Quando c’è una persona che ti fa credere di essere inferiore per il colore della pelle, per la religione, per l’orientamento sessuale deve essere chiaro che il problema lo ha lui, non voi. Quando ti danno un’immagine negativa e tu la prendi è finita. Penso che quando tu stai bene con te stesso è difficile che tu sia razzista. Spesso c’è chi è razzista per invidia: mi vedono con tanti soldi, che gioco a calcio e loro non possono”.

Molte persone non vogliono la globalizzazione, questo fenomeno è un rigurgito di razzismo?
“Cosa vuol dire globalizzazione? Siamo in un mondo dove da secoli le persone sono in contatto. Siamo dentro un mondo dove l’idea della solidarietà sta calando. Dove la gente non si sente legata agli altri. Immaginate un villaggio con cento persone: 17 persone hanno più del 60% della ricchezza. E’ giusto? Ovviamente no. Ma queste persone vogliono fare dei muri per dividersi dagli altri. Noi non ce ne rendiamo conto ma questo è il nostro mondo e noi siamo le 17 persone. Noi diciamo agli altri di non venire, di andarsene da questo paese. Non è la globalizzazione il problema, è la politica che mette dentro la globalizzazione. Viviamo in un mondo egoista, la politica ci porta allo scontro perché non riescono a risolvere il problema della solidarietà. I ricchi possono andare dove vogliono, per i politici i poveri no. C’è chi vuole i muri per dividerci. In America ci sono riserve per popolazioni autoctone.”

Chi è il più forte attaccante che hai marcato?
“Sicuramente Ronaldo, però ho giocato con un calciatore che giocava in una piccola squadra straniera, forse albanese che mi aveva creato parecchi fastidi. Quello che mi ha dato più fastidio però era Munitis, ho una sua foto in ufficio. Mi ricorda di rimanere umile perché quando lo guardo mi spavento. In un Francia-Spagna dell’Europeo del ’96 mi ha traumatizzato. Se mi urlano Munitis io mi spavento.”

Ci vuole una rivoluzione per avere l’uguaglianza?
“La rivoluzione è cambiare il mondo. Se rimaniamo nella situazione in cui siamo è negativo. Un domani andrete a votare e dovrete riflettere nella società in cui vorrete vivere. La guerra si fa quando la decidono i ricchi, non i poveri. La rivoluzione non è solo armata, non è così. Eravamo in Senegal tre giorni fa, un ragazzo ha preso la parola e ha detto che bisogna fare e non parlare. E’ stupido, pensare è molto importante. Bisogna pensare a cambiare il mondo. Questa è la rivoluzione.”

Quando hai alzato il mondiale cos’hai provato?
“E’ stato come se fosse uno scherzo. A quattordici anni volevo giocare a calcio. Mi sembrava impossibile alzare quella coppa, era un sogno. Io ho avuto questa fortuna di raggiungerlo, nella mia carriera era incredibile giocare a calcio. Arrivato a Parma già non ci credevo, ero in Italia dove aveva giocato Platini. Era come uno scherzo, il consiglio che posso darvi è di credere nei vostri sogni e non dimenticare che tutte le cose che puoi raggiungere sono una fortuna. Io sono molto fortunato. Quando entravo in spogliatoio in nazionale e vedevo la maglia blues con scritto ‘Thuram’ ero felicissimo. Mi pagavano per giocare a calcio, ci credete? Ero sempre felice, sembra stupido ma è così”.

L’odio si sta allargando verso le opinioni diverse anche in campo politico:
“Io sono venuto qua oggi e avevo deciso di rimanere a Parma fino a domenica perché sono in un posto che amo tanto. Però ho deciso di tornare perché in Francia domenica c’è una manifestazione in cui dobbiamo andare per denunciare il razzismo contro i musulmani. L’odio quando comincia non si ferma. Quando mi dicono che Cristoforo Colombo ha scoperto l’America io rido. C’erano già milioni di persone che vivevano lì. La storia è stata diverse per chi era già in quel posto. L’odio ha radici di secoli. C’è una storia lunga di odio e l’odio pochi anni fa ha fatto più di sessanta milioni di morti in Europa. Quanti muoiono nel Mediterraneo? Però tutti ce lo dimentichiamo.”

Com’è stato integrarsi per te?
“Io quando avevo otto anni ho fatto una riunione con mia madre e i miei fratelli, eravamo in Guadalupe. Mi ha detto che andava a Parigi per lavorare e per guadagnare soldi e portarci tutti lì. E’ tornata dopo un po’ e siamo andati a vivere con lei. Vivere in Francia era tornare a vivere con la mia mamma. La cosa che mi fa strano è l’idea che mi dicono che non si può cambiare la vita. Tanti genitori mandano i figli in America, a Londra. E perché allora si impedisce alla gente di migliorare la propria vita? Da piccolo ho capito che non dovevo fare cose sbagliate perché avrei mancato di rispetto alla mia mamma che aveva fatto tanto per me. Bisogna veramente capire quanto fanno i genitori per noi. Non è tutto dovuto”.

Com’è stata la finale del 2006?
“Ci vediamo fuori (ride, ndr). Mi hanno detto che a Parma mi volevano bene, che Parma è la mia città. Non ti vergogni? A parte gli scherzi, è stato molto difficile. Quando perdi una partita ti incazzi, ma incazzato nero eh. Quando perdi una finale sei ancora più incazzato. Siamo arrivati ai pullman, erano attaccati quello della Francia e dell’Italia. C’era mio fratello, Fabio Cannavaro, e mi dice che avevo vinto il mondiale del ’98 e questa volta toccava a loro. Poi sono passati Camoranesi, Buffon. Mi sono detto che dovevo essere felice per i miei amici, è una felicità per tutta la vita. Ho avuto un altro modo di vedere questa sconfitta. Perdere, vincere, l’importante è che ci aiuti a crescere. Quando giochi a calcio a livello professionistico ti dicono che solo la vittoria conta. Ma è sbagliatissimo. E’ tutto il percorso che conta”.

A Barcellona Ronaldinho ti faceva ballare?
“Guardami negli occhi. Secondo te Ronaldinho mi faceva ballare? Durante tutta la mia carriera la gente quando mi guardava pensava fossi cattivo sul campo. La gente pensava fossi pericoloso. E questa cosa funzionava con gli avversari. Ronaldinho era fortissimo e poi era sempre felice, sorrideva sempre sia in allenamento che in partita”.

Come si affronta nel quotidiano il razzismo?
“Bisogna rispondere. Bisogna reagire e aiutare chi subisce razzismo. Poi bisogna confrontasi con gli adulti perché se no non si educa la gente. E bisogna educare le persone che anche non intervengono.”

Qual è il messaggio principale che hai voluto comunicare con il tuo libro?
“Io sono stato a scuola e la prima volta che ho sentito parlare della popolazione nera era per la schiavitù. E tutti mi guardavano. Mi sono detto che era strano, perché la maggior parte delle persone hanno incontrato la storia delle persone nere solo attraverso la schiavitù. Ho dovuto capire il razzismo sin da giovane, alcune persone mi hanno aiutato a trovare stima verso persone nere. Una volta smesso di giocare ho pensato di raccontare queste storie per cambiare il pensiero comune. Ho fatto questo libro per il giovane Liliam, per fargli conoscere queste persone”.

Perché Zidane ha dato la testata a Materazzi?
“Non lo so io, non sto scherzando. Non gliel’ho mai chiesto e a dire la verità non mi interessa. Ho letto delle cose come tutti voi ma in realtà non lo so.”