Keita, il guerriero 'silenzioso' di Chivu: i segreti dietro la sua crescita

30.04.2025 14:21 di  Simone Brianti   vedi letture
Keita, il guerriero 'silenzioso' di Chivu: i segreti dietro la sua crescita
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© foto di Federico De Luca 2025

In un calcio sempre più affollato di luci, slogan e protagonismi, ci sono storie che prendono forma nell’ombra. Silenziose, ma mai invisibili. È il caso di Mandela Keita, regista belga classe 2002 del Parma, che da promessa incerta si è trasformato in uno dei punti fermi della squadra allenata da Cristian Chivu. La sua parabola stagionale è un esempio di adattamento, crescita mentale e maturazione tattica. E racconta molto di più di una semplice evoluzione sportiva.

Keita è arrivato in Italia negli ultimi giorni di mercato estivo, con il peso di un’operazione da 12 milioni di euro più bonus. Una cifra importante per un giovane centrocampista, soprattutto se inserita nel contesto di una squadra chiamata a lottare per la salvezza. I primi passi non sono stati semplici: dal cambio di campionato a quello di abitudini, fino alla necessità di comprendere i meccanismi di un gioco molto più fisico e posizionale rispetto alla Jupiler Pro League belga.

Il battesimo in Serie A è stato traumatico: debutto contro l’Udinese e cartellino rosso per doppia ammonizione nel giro di pochi minuti. Un esordio da dimenticare, che però ha fatto da spartiacque. Invece di abbassare la testa, Keita ha scelto di rimettersi in gioco. Ha imparato, ha ascoltato, ha aspettato il suo momento. Il cambio in panchina, con l’arrivo del tecnico romeno, è stato un punto di svolta decisivo e ha visto in lui, non solo un mediano moderno, ma un potenziale leader 'silenzioso'. Gli ha affidato le chiavi del centrocampo, schierandolo davanti alla difesa in un sistema che lo protegge e allo stesso tempo lo responsabilizza. Con due mezzali accanto, il belga ha acquisito la libertà di gestire i ritmi, dettare i tempi, costruire l’azione e rompere quella avversaria.

Oggi il volto è lo stesso, ma l’atteggiamento è radicalmente mutato. Keita chiede palla, detta i movimenti, orienta i compagni. È diventato un riferimento tecnico ed emotivo. Niente più frenesia o insicurezza: ogni suo tocco trasmette consapevolezza. Ha imparato a leggere le partite, ad aspettare il momento giusto, a scegliere sempre la giocata più utile, anche quando è la più semplice.

Il suo contributo non si misura solo nei numeri, ma nella capacità di tenere unito il reparto, di assorbire le pressioni e di garantire equilibrio. La personalità, forse la dote che più mancava nei primi mesi, è emersa con forza. Grinta, sì, ma con intelligenza. Una leadership costruita con il tempo e con le prestazioni, non a parole. Mandela Keita è oggi il simbolo di un Parma che ha saputo trasformare la fatica in risorsa. E se la salvezza arriverà, ci sarà anche la sua firma, fatta di recuperi, verticalizzazioni e tanta, tantissima sostanza.

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