PL - Imborgia: "I dieci nazionali hanno portato il Parma alla rovina. Debiti? Viaggiavamo in charter!"

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13.03.2015 20:39 di  Vito Aulenti  Twitter:    vedi letture
PL - Imborgia: "I dieci nazionali hanno portato il Parma alla rovina. Debiti? Viaggiavamo in charter!"
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© foto di Federico De Luca

Intervistato in esclusiva ai microfoni di ParmaLive.com, l'ex responsabile dell'area mercato del Parma Antonino Imborgia ha raccontato la sua personalissima esperienza nel Ducato e commentato il caos societario che affligge il club crociato: "Si dovrebbero cambiare i parametri di controllo per l'iscrizione, perché è impossibile che una società che non consegua la Licenza UEFA possa tranquillamente iscriversi al campionato. Con le norme attuali, ciò accade. A mio avviso, i controlli non dovrebbero riguardare solo la parte sportiva: sarebbe importante monitorare tutti i pagamenti del club, inclusi quelli nei confronti di fornitori e collaboratori".

Si tratta di una situazione inaspettata?
“No, perché il presidente e l’amministratore delegato avevano, di fatto, azzerato i ruoli: tutto quello che si provava a fare, non veniva fatto fare; tutte le idee non erano idee; tutti i suggerimenti non erano suggerimenti. Insomma, tutto ciò che veniva partorito dal cervello di un’altra persona, non era tenuto in considerazione. Le uniche cose che andavano bene erano quelle che decidevano al 70% Leonardi e al 30% Ghirardi. Questa era la situazione. Poi è chiaro che adesso sarebbe troppo facile dire che Imborgia ha fatto tutto bene e Leonardi tutto male: Imborgia, le poche cose che ha fatto, ha provato a farle bene. Io e Melli, che eravamo le uniche due persone con un minimo di storia nel calcio – anzi, Melli ha una grande storia nel Parma, io una discreta nel calcio in generale – abbiamo provato a invertire la tendenza e a dire che le cose non andavano bene”.

E invece?
“E invece, o facevi in un modo o facevi in un modo, e cioè quello che decidevano loro. Tant’è che io, ad un anno e mezzo dalla fine del contratto, ho smesso e sono andato via”.

Quindi lei è andato via da Parma “solo” per questi motivi?
“Esatto, non ci sono altri motivi”.

Quando provavate a proporre qualcosa, che cosa accadeva precisamente?
“Tutte le volte che provavi a parlare, magari anche con garbo ed educazione, venivi zittito. Ribadisco: i ruoli, all’interno, erano stati tutti azzerati. Tutti. Non c’era nessuno che potesse fare quello che aveva in mente di fare”.

Ha trovato questa situazione anche all’inizio della sua avventura in Emilia?
“No, quando sono arrivato non era così. Io non so cosa sia successo nella testa di Ghirardi e Leonardi, ma le cose sono cambiate, e anche in maniera rapida. Io non dico che siamo arrivati dove siamo arrivati perché non hanno dato retta a me o a Melli. Siamo arrivati a questo, perché, secondo me, il Parma doveva adottare un’altra strategia”.

Quale?
“Quando c’era da vendere Paletta, bisognava vendere Paletta. Quando c’era da vendere Biabiany, bisognava vendere Biabiany. Quando c’era da vendere Mirante, bisognava vendere Mirante. Bisognava tenere il costo del lavoro entro una soglia accettabile, ed invece il Parma ha interpretato un ruolo non da Parma: ha sostenuto un costo del lavoro altissimo e non ha venduto i calciatori quando li doveva vendere. Ha fatto delle scelte strategiche, a mio avviso, sbagliate. E’ vero, hai ottenuto risultati di un certo livello sul campo (vedi l’Europa League), ma se tu hai debiti importanti, che non ti permettono di ottenere la Licenza UEFA, non puoi pensare di pagare in quattro mesi tutto quello che in cinque anni non hai pagato”.

Nel corso della sua esperienza parmigiana, si è mai accorto di qualche anomalia a livello finanziario e di bilancio?
“No, anche perché non avevo accesso a certe cose. Mi sembrava, però, che quello che facevamo non poteva essere supportato dal fatturato. Le anomalie c’erano, è fuori discussione, ma ribadisco quanto detto prima: i ruoli erano stati azzerati. Quindi, saperlo o non saperlo, immaginarlo o non immaginarlo, dirlo o non dirlo, non aveva alcuna importanza, non portava nessun cambiamento. Non venivi ascoltato”.

Che ne pensa della politica della “pesca a strascico” adottata dalla società? Crede che la strategia sia stata determinante ai fini del crac?
“No, io penso che determinante ai fini del crac sia stato il voler sistemare i numeri per andare in Europa League. L’Europa League, in sé, al di là di un ritorno d’immagine importante, non porta vantaggi economici nell’immediato. Il Parma era troppo indietro sotto il profilo finanziario per potersi permettere l’Europa League. Ci sono delle cose che non puoi permetterti: se uno non ha i soldi per andare alle Maldive, non ci va. Il Parma in Europa League non ci poteva andare, bisognava semplicemente dire la verità. Se vivi di equilibri precari, è normale che, appena salta un dentino dell’ingranaggio, rischi di saltare. Io credo che la più grande colpa di chi ha amministrato il club e di chi ha deciso le strategie sia stata quella incontrollata ambizione di raggiungere obiettivi straordinari. Questo vale sia per il presidente, che per l’amministratore delegato. Hanno fatto scelte troppo importanti, che hanno portato a questa situazione”.

Negli ultimi giorni, alcuni organi di stampa hanno addirittura parlato di possibile distrazione di capitali:
“Ho letto qualcosa a riguardo, io non ci credo. In ogni caso, io voglio parlare solo dell’aspetto sportivo e gestionale. Bisogna dimenticarsi una volta per tutte il periodo della Parmalat ed essere consapevoli di quelle che sono le reali ambizioni di un club di provincia. Il Parma che ho conosciuto io quando giocavo a calcio era quello di Ceresini, Ancelotti, Scarrone, Bonci, di Maldini allenatore. Parlo di una squadra che dalla C andava in B, e dalla B alla C. Dopo è arrivato Tanzi e c’è stato un cambio radicale, ma quello non è il calcio che può fare il Parma, è il calcio che poteva fare Tanzi. Il nuovo Parma si deve dimenticare la Parmalat e questo disastro”.

Un disastro che presidente e amministratore delegato tendevano un po’ a nascondere, parlando in ogni occasione di società sana e gestita in maniera virtuosa:
“Certo, ricordo bene le conferenze stampa di Ghirardi. Venivano spese tante belle parole, però purtroppo poi c’è la realtà. E la realtà è che hai fatto quello che hai fatto. Ghirardi e Leonardi erano concordi su questa linea: gli obiettivi erano l’immagine a qualsiasi costo e vincere. Il problema è che lì tutti erano prigionieri dell’altro: non si dicevano le cose, andava sempre tutto bene. Tanto la gente in tribuna li osannava, i tifosi erano contenti e la squadra viaggiava col charter”.

Addirittura col charter?
"Sì, siamo andati ad Udine col charter. Non mi sembra che facevamo le coppe europee e dovevamo giocare a metà settimana, si poteva andare col pullman in Friuli. E invece noi siamo andati ad Udine col charter. Parlo così perché sono amareggiato, dispiaciuto. Io ho girato un pochettino, ho una certa esperienza: ebbene, non esiste un posto migliore di Parma per fare calcio. C’è gente educata, rispettosa, non invadente: da nessun’altra parte sarebbe potuta accadere una cosa di questo tipo. Fino a giugno 2014, Ghirardi e Leonardi parlavano di un club modello, straordinario, che aveva ‘prestato’ ben dieci giocatori alle Nazionali per le pre-convocazioni mondiali. Il problema è che questi dieci giocatori hanno creato un deficit economico di cui io non conosco i numeri, anche perché io facevo altro”.

Può raccontarci un aneddoto "negativo" relativo alla sua esperienza a Parma?
“Mi è stato vietato di andare nello spogliatoio”.

Davvero?
“Sì. Ad un certo punto mi è stato detto: ‘Guarda, nello spogliatoio non ci vai più, ci andiamo solo io e Donadoni’. Attenzione, non è stato detto solo a me, ma anche agli altri. Siccome non permetto a nessuno di mortificare né la mia persona né la mia professione, sono andato via. E sono felice di averlo fatto. Agli altri che adesso sono ancora lì, io ho detto che sarebbe andata a finire male. A mettere in guardia tutti eravamo solo in due: io e Ciccio Melli”.

Melli che negli ultimi giorni si è sfogato pubblicamente:
“Sì, ora si sta sfogando un po’. Purtroppo se si parlava di queste cose dopo una serie incredibile di vittorie, venivi considerato quasi un pazzo. Infatti, quando io sono andato via, i commenti degli addetti ai lavori sono stati tutti negativi, anche perché la squadra andava bene e il mio ruolo non era di secondaria importanza. Però ora ti chiedo una cosa”.

Prego:
“Quante interviste mi hai visto fare? Zero. Quante conferenze mi hai visto fare? Zero. Quante presentazioni di giocatori che avevo preso io mi hai visto fare? Zero. Sai perché? Perché il mio profilo era fastidioso per qualcuno, andavo tenuto nella cesta bello coperto".

Per quale ragione?
"Non lo so, forse perché qualche organo di stampa aveva parlato di Imborgia come possibile sostituto di Leonardi in caso di partenza di quest'ultimo".

Quando sono cambiate le cose in maniera radicale?
“Sul finire dell’annata 2012-2013 c’è stato un cambiamento pesante ed inspiegabile. Ancora oggi faccio fatica a comprenderlo. Melli ha descritto la trasformazione di Ghirardi, io posso parlare di quella di Pietro (Leonardi, ndr): Pietro o è cambiato in seguito o è sempre stato come dopo il cambiamento e si sforzava di non esserlo. Quando io sono andato via dal club era completamente un’altra persona”.

Concludiamo, cercando un attimino di mettere alle spalle il passato e di pensare al futuro. Anche tenendo conto delle rassicurazioni di Tavecchio, ipotizza un futuro in B o in D per il Parma?
“Io ipotizzo un futuro in B attraverso il ‘fallimento pilotato’. Certo è che dovranno passarsi una mano sulla coscienza i calciatori, i dirigenti e tutti quelli che hanno un contratto depositato in Lega. I numeri del Parma, infatti, sono completamente diversi da quelli del Bari dell’anno scorso, che peraltro conosco molto bene: dicono che i debiti sportivi dei ducali siano pari a circa 60 milioni di euro, quindi bisognerà cercare di portare questa somma verso il basso. Se i tesserati riusciranno a comprendere la situazione, allora è ipotizzabile che possa presentarsi una persona o un gruppo di persone disponibili ad iscrivere la squadra in B. Io credo che il finale sarà questo, anche perché mi metto nei panni dei giocatori: loro hanno tutto l’interesse a ridursi i compensi. Tra l’altro, quelli che non lo vogliono fare perché hanno la possibilità di andare a giocare altrove, possono risolvere il contratto e sciogliere ogni problema. Detto questo, per quella che è la mia esperienza, ritengo che, se non impazziscono tutti, e tutti lavorano bene e coi tempi giusti, il Parma il prossimo anno fa la serie B. Questo è il mio pensiero e il mio augurio. Non posso pensare che il Parma riparta dalla D, non ci credo. Credo che con l’aiuto di tutti e con le giuste attenzioni da parte delle istituzioni – che fino ad ora non ci sono state – sarà Serie B. Anche perché Tavecchio e Beretta si sono esposti, e i 5 milioni stanziati mi sembrano già un segnale chiaro. Ripeto, secondo me il Parma ripartirà dalla cadetteria”.

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