Tu quoque, Gervinho: una storia di irriconoscenza

02.02.2020 14:00 di  Niccolò Pasta  Twitter:    vedi letture
Tu quoque, Gervinho: una storia di irriconoscenza
TUTTOmercatoWEB.com
© foto di Daniele Mascolo/PhotoViews

“Gervinho non risulta tra i convocati perché nelle ultime tre sedute d’allenamento non si è presentato al campo, evidentemente ha voluto fare una forzatura con la società per essere ceduto. Premetto che quattro giorni fa è venuto a parlare con me di questa eventuale possibilità di andare via, per poi vedersela con la proprietà, credo che il giocatore sia stato venduto. In questo momento sappiamo che c’è il mercato aperto fino a stasera, ci tenevo a rispondere su Gervinho perché stato un giocatore importante per noi, ma credo anche che ho avuto a disposizione un gruppo che ha permesso a Gervinho di fare la migliore stagione della propria carriera: dunque è vero che era un giocatore importante ma quello che è più importante per me è il gruppo che ho a disposizione”.

Vorrei ripartire da qui, dalle parole di un uomo arrabbiato e (giustamente) deluso. Queste parole, pronunciate da mister D’Aversa alla vigilia di Cagliari-Parma, hanno fatto il giro d’Italia (e non solo) per la spontaneità con cui l’allenatore del Parma le ha pronunciate. In uno dei momenti più intensi della stagione, con la squadra ridotta all’osso dagli infortuni e con tanti giocatori che stringono i denti e scendono in campo rattoppati, D’Aversa, che a Gervinho ha regalato una seconda vita (sportiva, chiaramente), prende atto, seppur con sconforto, delle bizze della sua superstar, che per costringere la società - la quale ad ottobre gli ha rinnovato il contratto - a cederlo decide di non presentarsi a lavoro. E chissene frega di tutto il resto.

Gervinho, a diciotto mesi dal suo arrivo a Parma, aveva deciso di lasciare l’Italia e il calcio europeo per tornare in Oriente, ma questa volta non in Cina, come già fatto ai tempi della Roma, bensì in Qatar. Usiamo il passato perché ciò che è accaduto nelle ore successiva ha del grottesco.
Sì, perché questo trasferimento è clamorosamente saltato per motivi burocratici: pare, infatti, che alcuni documenti inviati dall’Al Sadd siano stati consegnati fuori tempo massimo, invalidando la cessione dell’ex Arsenal e Roma, nonostante il Parma avesse compilato ed inviato tutta la documentazione nei tempi richiesti. In tutto questo però si è giocata una partita, e che partita! Ancora una volta un Parma ridotto all’osso dagli infortuni ha superato i propri limiti con una prestazione a tratti emozionante, sigillata dal gol, al 94esimo, di Andreas Cornelius, che ha dimostrato come la forza di un gruppo, seppur colpito, ferito, “corto”, sia superiore alle giocate del singolo.

Quello che dispiace di più in questa situazione è come una società sia “schiava” delle bizze di una delle sue superstar, il giocatore copertina, riportato nel calcio che conta dopo due anni nel dimenticatoio cinese. Gervinho è stato fondamentale nel raggiungimento della salvezza nella scorsa stagione e in alcuni dei momenti più alti di quella attuale: dal gol alla Weah contro il Cagliari, al 2-1 con il Napoli, passando per il gol di tacco contro la Juventus e alle sgroppate di San Siro contro l’Inter. Il Parma deve molto a Gervinho ma è soprattutto l’ivoriano che dovrebbe ringraziare per la scommessa di una società che ha puntato quasi tutto su di lui nell’estate del ritorno in A e che gli ha messo a disposizione un gruppo “costruito” sulle sue caratteristiche da strepitoso quattrocentista.

Non facciamo gli ipocriti, praticamente tutti noi avremmo accettato quell’offerta, che in fin dei conti poteva soddisfare anche le richieste del Parma, che avrebbe sì perso uno dei suoi giocatori più importanti (e il vicecapitano, ricordiamolo), ma avrebbe avuto a disposizione un buon gruzzoletto per investire su qualcuno di più giovane. Quello che si contesta sono i tempi e soprattutto i modi, gravissimi. Ma che possiamo farci.
Ora sarà interessante seguire gli sviluppi di questa vicenda, con il Parma che potrebbe fare ricorso alla FIFA per validare il trasferimento dell’ivoriano e chiudere 48 ore assurde. E se per caso questo ricorso non dovesse essere accettato, che fare con Gervinho? Difficile pensare a un amici come prima perché le parole dette negli ultimi due giorni hanno avuto un peso, così come lo hanno avuto certe azioni. Difficile anche pensare ad un reintegro anche solo per rispetto dello staff, dei compagni e di tutti quei tifosi, giustamente in collera per quanto accaduto. E poi, con che spirito un giocatore che ha deciso di smettere di giocare e regalarsi qualche anno dorato in Qatar potrebbe tornare in campo a giocare per una squadra che fa dello spirito del sacrificio il suo dogma principale?

Gervinho ha fatto una scelta da mercenario, e in questo non c’è nulla di male. Non tutti vivono il sentimento dello sport alla stessa maniera, non tutti capiscono l’importanza dei colori che si portano in campo la domenica e quanto realmente pesi quella maglietta indossata. Per un calciatore (non per tutti, sia chiaro) è solo lavoro, non tutti capiscono la passione e cosa significhi veramente essere Parma. Una società rinata dalle proprie ceneri che in nemmeno cinque anni si trova in zone europee, un tifo che ha sofferto le pene dell’inferno per gestioni scellerate, vivendo un fallimento doloroso come una coltellata nel petto e che finalmente si può permettere di sognare e rivivere gli antichi fasti non si merita un simile trattamento. Gervinho ha fatto la sua scelta, Parma e il Parma faranno le loro.

Tu quoque, Gervinho. La riconoscenza non ha volto, ma l’irriconoscenza ha trovato il suo habitat.