Lucarelli: "Abbiamo sbagliato a fidarci e siamo stati traditi. Dato un segnale al mondo del calcio"

25.04.2015 18:45 di Mario Domina Twitter:    vedi letture
Lucarelli: "Abbiamo sbagliato a fidarci e siamo stati traditi. Dato un segnale al mondo del calcio"
© foto di ParmaLive.com

Il capitano del Parma Alessandro Lucarelli che in questi ultimi mesi è diventato una delle colonne portanti della società nella lotta per la sopravvivenza del club, intervistato da SportWeek, ha parlato non solo della situazione vissuta nell'ultima stagione, ma anche del futuro suo e del club, della sua famiglia e di quanto il caos societario abbia influito anche nella sua sfera privata: "Nello spogliatoio si respira aria di incertezza. Si parla dei problemi societari più che delle questioni tecniche e questo toglie attenzione ed energie mentali, che invece dovremmo spendere sul campo. Soprattutto io, un po’ per le responsabilità, un po’ per il ruolo che ricopro, ho fatto più il sindacalista che il calciatore, e questo alla lunga lo paghi. Infatti ci è costato la classifca. Certo,delle responsabilità per l’ultimo posto le abbiamo anche noi giocatori, però non siamo stati aiutati dalla situazione".

Il club è in crisi ma, come si è visto contro Inter (pareggio) e Juve (vittoria), non di risultati: è il vostro segnale che il Parma “deve” esistere?
"Sì, ed è stata anche una vittoria a livello morale: nonostante le difcoltà, il fallimento, la mancanza di retribuzione e di una guida,perché è da novembre che noi e lo staf tecnico siamo stati lasciati soli, andiamo avanti a testa alta, cercando di portare a termine la stagione nel modo più dignitoso possibile,perché siamo persone serie e amiamo il nostro lavoro".

Tra l’altro quei punti sono arrivati nelle giornate in cui lei non ha giocato, dopo aver pagato (di tasca sua) un ricorso che non è stato accettato...
"Il mi’ figliolo grande mi hadetto: “Meno male che ti hanno confermato la squalifica!”. Ma anche i ragazzi e il mister non vedevano l’ora di mettermi con le spalle al muro! Quando sono rientrato contro il Genoa e abbiamo perso mi sono chiesto se non è il caso di farmi da parte...".

Secondo lei, in una situazione norma le, come sareste messi in classifica? 
"Credo che saremmo in lotta per non retrocedere. La squadra non è male, anche se abbiamo perso tanti giocatori importanti strada facendo".

Già, magari con Cassano…
"È andato via perché non sopportava più la situazione,non lo giudico perché ognuno è libero di fare quello che crede".

È vero che vi siete anche menati?
"Diciamo che dopo la partita col Cesena c’è stato un bel battibecco… Ma non stavamo parlando della crisi del Parma?".

Giusto. È scoppiata a metà novembre, ma voi non vi siete accorti prima che qualcosa non funzionava?
"Era almeno un paio d’anni che sapevamo che la società aveva problemi di liquidità, in città girava la voce che molti fornitori non venivano pagati, però mai avremmo immaginato che dietro ci fosse un buco del genere. Ci assicuravano che tutto si sarebbe sistemato e noi ci credevamo perché con Ghirardi e Leonardi c’era un rapporto di amicizia, quasi familiare. Non ci saremmo mai aspettati che ci avrebbero traditi così".

La crisi del Parma ha messo in crisi anche la sua vita?
"Sì, lo può confermare anche la mi’ moglie, che mi ha ripetuto: “È da mesi che praticamente sono vedova”. Questi sono problemi che ti porti a casa, non riesci a far fnta di niente. Non dico che mi sono allontanato da lei,ma il nostro rapporto ne ha risentito. Cristiana me lo dice sempre. Scherzando, perché è brava, ma lo dice".

A livello pratico che cosa vi è venuto a mancare, a parte lo stipendio?
"Tante cose. Per esempio col fondo cassa ci siamo comprati le medicine, abbiamo dovuto far fronte ai pignoramenti dei macchinari in palestra, di furgoni, computer, stampanti… Senza dimenticare i dipendenti della società, perché noi giocatori abbiamo le spalle coperte ma la cosa più tragica è che non sono stati pagati nemmeno loro.Perciò abbiamo fatto una raccolta fondi per aiutarli,a qualcuno abbiamo pagato le bollette perché non ce la faceva. A livello morale è un’altra sconftta per la società,perché ha maltrattato gente che con quei soldi ci campava".

E dire che qualcuno ha ironizzato sul fatto che voi giocatori vi preoccupavate solo dei vostri conti in banca… "Abbiamo dimostrato che i luoghi comuni sui calciatori non esistono. Abbiamo giocato senza stipendio, tra mille difficoltà, e combattuto contro le istituzioni per far cambiare le regole del calcio nell’interesse di tutto il calcio, non solo del Parma. Credo che abbiamo dato un bel segnale".

Non ha mai avuto voglia di mandare tutti a quel paese e andarsene?
"Magari lo faccio alla fne: prima combatto e risolvo il problema, poi penserò se cambiare squadra o anche smettere".

Qual è, da capitano, il suo grido di battaglia?
"Io ai ragazzi ho sempre detto: chi vuole è libero di andarsene. Ma chi decide di restare deve stringere i denti e lottare fino alla fine. E fare le cose per bene,perché in una situazione come questa è un attimo svaccare,anche nello spogliatoio".

A proposito di svaccare: come vi siete lasciati con la vecchia proprietà?
"L’ultima volta che Ghirardi è venuto a parlare alla squadra sono volate parole grosse, così come con Manenti.Quando ti senti preso per i fondelli da mesi, poi non ti trattieni più e sbotti".

Chi l’ha delusa di più?
"Ghirardi. Quello che non gli perdono è che quando poteva in qualche modo aiutare la società tappando qualche buco è fuggito, lasciandoci con 200 milioni di debiti".

Non sono invece scappati i tifosi, anzi.
"Non li avevamo mai persi, ma si sono stretti attorno alla squadra, senza più criticarci per i risultati. Ci stanno dando grandi dimostrazioni di afetto e anche tanta forza".

Cosa che lei trova innanzitutto in famiglia: è il segreto del suo successo?
"Sì, è il mio angolo di paradiso,sto a casa più che posso. Ho conosciuto Cristiana a 14 anni,sono quasi 24 che stiamo assieme e abbiamo 3 figli: formiamo un blocco unico, sempre e ovunque".

Una relazione da record, considerato che il mondo del calcio è pieno di tentazioni!
"Già, bisogna stare sempre sull’attenti! E avere un rapporto solido: è la base di tutto. Io non mi vanto, ma una qualità che mi riconosco è l’umiltà. Non sono mai cambiato, lei nemmeno: perciò ci amiamo ancora come due ragazzini".

Sua moglie come le è stata vicina in questo periodo?
"Semplicemente lasciandomi stare, poverina. Vedeva che arrivavo a casa col muso, pensieroso o arrabbiato, e milasciava sbollire. Ha sopportato molto".

E i bambini?
"I primi due sono grandi, ma non abbastanza per capire quello che sta succedendo. Di calcio parlo solo con Matteo (13 anni),che mi massacra sempre. Ogni tanto mi chiede: “Ma perché non smetti? Ormai non ce la fai più!”".

Lei che tipo di padre è?
"Molto presente,molto burlone:mia moglie dice sempre che c’ha quattro figlioli. Non sono certo il padre rigido che detta le regole, anzi!".

E che figlio è stato?
"Ero tremendo, anche a scuola! A sentire la mia mamma, io e mio fratello Cristiano eravamo terribili. Per noi esisteva solo il pallone; passavamo le giornate sul lungomare di Livorno,ogni giardinetto era uno stadio. “Dove si gioca?”. “Andiamo a San Siro!”. “No, all’Olimpico!”.Si sognava così,giocavamo improvvisando radiocronache da Serie A…".

Avreste mai immaginato di arrivarci realmente entrambi in A?
"Macché, è pazzesco, soprattutto per mio padre, grande tifoso del Livorno: immaginate che soddisfazione quando ha visto i suoi due figli con quella maglia…".

Siete stati nella stessa squadra anche a Parma. Per lei è un bene che due fratelli giochino assieme o è meglio separarli, come i gemelli a scuola?
"Visto quello che è successo a noi, meglio dividerli, perché condiziona. A Livorno Cristiano ha vissuto un periodo positivo, io una situazione non serena, anche nei confronti del presidente che mi rompeva i maroni da morire. Cosa che si è invertita a Parma, dove lui era criticato mentre io ero ben visto, anche in spogliatoio".

Aver avuto un fratello maggiore calciatore è stata una fonte d’ispirazione o una presenza ingombrante?
"Per me era un punto di riferimento, però, essendo lui una figura forte, sono rimasto nella sua ombra, nel senso che sono sempre stato “il fratello di…” e lo sono ancora. Ogni tanto qualcuno mi ferma e mi dice: “Cristiano, possiamo fare una foto?”. Però…poi vengo meglio, sono più bello di lui!".

Ma se il calcio è nel DNA dei Lucarelli, si augura che i suoi figli seguano le sue orme?
"Vorrei solo che facessero quello che piace loro, come ho fatto io. Nel caso, ben venga: il calcio, quello vero, fatto in una certa maniera, è bellissimo, quando vai in campo è un’emozione pazzesca. Che ti fa dimenticare le schifezze che a volte, purtroppo, ci sono dietro".