Dal Parma al Kilmarnock: la storia di Pascali, uno dei 250 tesserati di Ghirardi

05.03.2015 13:04 di  Michele Bugari  Twitter:    vedi letture
Dal Parma al Kilmarnock: la storia di Pascali, uno dei 250 tesserati di Ghirardi
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© foto di Andrea Ninni/Image Sport

Uno degli aspetti più criticati della gestione Ghirardi è stato senza dubbio quello del numero esagerato di giocatori tesserati. Tra questi c’è anche Manuel Pascali, attualmente capitano del Kilmarnock nella Premier scozzese, ma nel 2007 uno dei tanti giovani messi sotto contratto dalla società crociata. ItaSportPress.it lo ha intervistato per chiedergli un parere sulla crisi del Parma e farsi raccontare la sua esperienza: “Ebbi un'esperienza non felice a Parma, anzi, non ho mai visto Collecchio, non ho mai visto un medico né fatto visite mediche. Non ho mai avuto l'opportunità di mettermi in mostra, ho firmato un triennale nel 2007 senza mai entrare al centro sportivo e avere l'opportunità di conoscere i miei compagni di squadra. Tommaso Ghirardi prese il Parma in quell'anno e portò con se alcuni elementi dal Carpenedolo, squadra di Lega Pro parmense, ma solo uno di noi fece il ritiro con i ducali. Gli altri furono abbandonati e non andarono in ritiro. lo feci da solo in palestra con un mio amico, nonostante fossi sotto contratto col Parma. Poi venni a scoprire che avevano circa 250 giocatori sotto contratto ed oggi tutti gridano allo scandalo e se la prendono con Ghirardi e con Leonardi o di recente Manenti. Però penso che tutti sapessero, perché quando si presenta alla Federcalcio una società con 250 giocatori a libro paga, qualche dubbio ti può venire. Purtroppo la nostra usanza è quella di fare la caccia all'uomo, non dico che Ghirardi sia un santo, io l'ho conosciuto e non so che cosa sia successo a Parma. Però penso che fosse sotto gli occhi di tutti. Ho letto le parole di Melli ("giocatori che non avevo mai incontrato o mai conosciuto" n.d.r.): io ero uno di quelli. Mi ricordo che una volta andai a vedere Parma-Juventus di Coppa Italia, dovetti pagare il biglietto e c'erano alcuni miei amici tra cui un mio ex compagno di squadra che giocava a Parma, e mi presentò alcuni giocatori dei ducali tra i quali c'era Reginaldo. Andammo a mangiare una pizza ed io gli dissi: ‘Io, in teoria, sarei anche un tuo compagno di squadra… Perché ho un contratto col Parma e ad oggi non ho squadra, però ho un triennale con voi’. Ci mettemmo tutti a ridere però la situazione era allucinante. Rilasciai un'intervista nel 2008 riguardo questo fatto che mi creò problemi. Ricevetti dai tifosi insulti e critiche.

Dopo una discreta carriera qui in Scozia, a 33 anni non credo che metterò più piede in Italia, almeno da calciatore. Quelle parole che uscirono fuori dalla mia bocca non erano soltanto rabbia, ma erano fatti. Dovetti chiedere al Carpenedolo, squadra con la quale avevo giocato negli ultimi due anni prima del Parma, di potermi allenare e fare il ritiro con loro invece di prepararmi a casa in palestra. Se qualcuno avesse capito quell'intervista, forse qualcosa si sarebbe potuta fare prima visto che non stavo dicendo stupidate. Molti dei 250 giocatori si sono già ritirati, altri forse giocano in Italia ma avrebbero problemi a parlare, perché non si vuol dire la verità per non aver problemi dopo. Nel nostro Paese si ha sempre paura, come la ebbi io a quei tempi, di dire queste cose. Ci sarà qualcuno che invece di supportarti cercherà di non farti giocare, perché è capitato. Adesso mi sento tranquillo perché, nel mio piccolo, ho un nome qui in Scozia che è apprezzato da tutti. Questa cosa fa rumore perché il Parma è una società con un bacino d'utenza importante ma in Lega Pro succede troppo spesso. Ad Alessandria per sette mesi non ho avuto stipendio. Dispiace perché in questo modo si allontana la gente dal calcio. Firmai per il Parma contentissimo, presero Di Carlo come allenatore che aveva allenato il Mantova quando ci giocai contro. Avevo 26 anni ed ero nel pieno della maturità calcistica, avevo tante ambizioni. Ma sono stato veramente trattato male. Io sono stato sempre un ragazzo onesto e sempre lo sarò. Se avessi avuto l'opportunità e fossi stato lì tre giorni sarei stato il primo a dire: ‘No Manuel, la Serie A è troppo per te forse meriti la Serie B o la C. Lavora duro e piano piano maturerai di più’. Ma non pensavo di non fare visite mediche o che non mi presentassero ai compagni, ero abbandonato a me stesso. Vorrei vedere quanti di quei 250 giocatori hanno avuto la mia stessa esperienza. Non so che interesse c’era, però era molto strano. Questi sono i fatti e i nodi sono venuti al pettine”.